Resta in carcere il sospetto reclutatore dell'Isis
VENEZIA. Per il Tribunale del riesame di Venezia il sospetto reclutatore di combattenti per lo Stato islamico, il macedone Ajhan Veapi, a lungo residente ad Azzano Decimo, deve rimanere in carcere e nelle 22 pagine di motivazione il presidente e relatore Angelo Risi ne spiega i motivi. «È opinione del Collegio», si legge nel documento depositato nei giorni scorsi in cancelleria, «che il compendio indiziario fin qui raccolto evidenzi, da un lato, un' adesione ideologica del Veapi alle tesi sostenute dall'imam “Bilal“ Bosnic, tanto da promuoverne l'arrivo in Italia e la predicazione coranica; dall'altro, una piena e totale disponibilità ad assumere un ruolo non solo di intermediazione ma decisamente attivo nell'individuare i fratelli maturi per l'avvio della Jihaid intesa come guerra santa da realizzare attraverso il martirio, tale essendo la morte in combattimento e quindi in definitiva tesa a determinare un'adesione allo Stato islamico».
Stando al documento, Veapi non solo avrebbe accompagnato i due combattenti da lui reclutati in Bosnia nella casa di Bosnic, ma l'analisi dei visti apposti sul suo passaporto e quelli degli altri consentono di ricollegarlo come presente al viaggio effettuato con Ismar Mesinovic e Munifer Karamaeski verso la Siria. Il percorso parte da Trieste dove il gruppo transita nel primo pomeriggio del 15 dicembre 2013 per arrivare a Potocani, in Bosnia, intorno alle 20 del giorno successivo.
«È verosimile che vi sia stata una sosta intermedia di saluto all'imam Bosnic poi il viaggio prosegue il 18 dicembre, attraversando alle 19 il confine bosniaco di Brod verso la Macedonia. Il 20 dicembre il gruppo di foreign fighters attraversa il confine verso la Grecia alla 14 e alle successive 20 entrano in territorio turco ad Ipasla e, infine, il 22 dicembre escono dalla Turchia verso il confine siriano».
Là li attende un combattente bosniaco che accompagna i due in un centro di addestramento. Ma oltre ai passaporti a parlare è anche un amico albanese di Mesinovic, che un mese dopo è morto durante i combattimenti, e di Karamaleski , il quale ai carabinieri del Ros, che hanno condotto le indagini, riferisce di aver saputo dai due grazie alle telefonate che inizialmente erano stati dislocati ad Aleppo, successivamente il primo era stato impegnato in un check point dell'Isis controllato anche da pattuglie di ribelli della Free Syrian Army, mentre il secondo era stato assegnato alla vigilanza di un deposito. Per il Tribunale lagunare la figura apicale è quella del predicatore salafita Bosnic, mentre Veapi è risultato essere il principale interlocutore in Italia dell'imam bosniaco.
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