Reggono le accuse al “re di via Piave”
Per il Tribunale del riesame di Venezia la costruzione accusatoria nei confronti del «re di via Piave» e dei suoi complici tiene. Ieri, infatti, alla prima verifica davanti ad un collegio le ordinanze di custodia cautelare richieste dai pubblici ministero Roberto Terzo e Walter Ignazitto sono state confermate: per la maggior parte dei capi d’imputazione (associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, falsa perizia e intestazione fittizia di beni immobili, mobili e società) ci sono indizi gravi e sufficienti da giustificare le misure restrittive. I giudici veneziani hanno modificato le misure soltanto per due degli indagati: il ragioniere e tributarista di San Donà, Maurizio Pasini, che fino a ieri si trovava nel carcere di Civitavecchia ed è difeso dall’avvocato Luca Sprezzola, ha ottenuto gli arresti domiciliari, mentre a Massimiliano Salinetti (difeso dall’avvocato Alberto Fogliata), braccio destro del capo nella gestione dei nuovi immigrati in arrivo e residente a Cannaregio, è stato concesso l’obbligo di dimora invece degli arresti domiciliari.
Solo dieci dei quattordici raggiunti dai provvedimenti avevano presentato ricorso al Tribunale del riesame. Tra questi c’era naturalmente Keke Pan, difeso dall’avvocato Francesco Schioppa come del resto lo «zio Vittorio» Jiasheng Wu. Il loro difensore, dopo aver presentato ricorso, ha ritenuto di rinunciarvi ieri mattina, probabilmente perché il suo obiettivo principale era quello di poter leggere la documentazione in possesso dell’accusa che la Procura ha depositato. Hanno ricorso anche la madre di Pan, Lianqin Li, i cinesi Aying Zhang, Kongecha Wang e Barbara Chinellato, residente a Marghera, tutti in carcere, la moglie di Pan, Alessia Degnato, che si trova agli arresti domiciliari. E come per il capo, anche il difensore dell’agente immobiliare di Cavarzere, Francesco Frigato, l’avvocato Barbara De Biasi, ha rinunciato a coltivare il ricorso pur essendo in un carcere anche il suo cliente. Per tutti, quindi, il Tribunale ha confermato le misure cautelari.
Ieri, la maggior parte degli indagati hanno scelto di non presentarsi davanti ai giudici veneziani, lo hanno fatto soltanto Pasini e Salinetti tra gli italiani coinvolti. Il tributarista sandonatese ha confermato ciò che aveva sostenuto nel primo interrogatorio, sostenendo di non aver mai capito che dietro a Pan ci fosse una vera e propria organizzazione criminale e che lui si sarebbe limitato a tenere la contabilità delle varie società del cinese. Salinetti, accusato di aver accompagnato decine di clandestini negli uffici del Comune, della Prefettura e della Questura per l’avvio delle procedure di ottenimento del permesso di soggiorno o di ricongiunzione familiare, ha spiegato che, quando si è accorto che le autorizzazioni venivano ottenute attraverso documentazione fasulla (certificati di lavoro e residenza), si è tirato indietro e non ha più lavorato per Keke Pan.
Il secondo tempo davanti al Tribunale del riesame si giocherà la prossima settimana, nei giorni in cui sono stati fissati i ricorsi contro i numerosi sequestri di immobili, società e conti correnti eseguiti dalla Guardia di finanza. Un conto ancora approssimativo ha stabilito che si tratta di un valore di 20 milioni, al quale probabilmente il boss cinese tiene più che alla sua libertà. I sigilli sono finiti a mezza via Piave, un edificio intero (il condominio giallo), l’hotel Cortina, alcuni negozi sulla stessa strada e altri immobili a San Donà e Cavarzere.
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