Referendum: ricorso al Tar sul quorum. «Rendete valido il voto anche sotto il 50%»
VENEZIA. Dalle proteste alle denunce il passo è breve. Domani, mercoledì, i comitati promotori del referendum di divisione del Comune, ufficializzeranno in una conferenza stampa le ultime novità sul fronte giudiziario: un ricorso urgente al Tribunale amministrativo contro la scelta di fissare il quorum per la validità del referendum di domenica prossima.
E una denuncia querela che oggi viene presentata in Procura, spiega Marco Sitran, contro «pubblici amministratori che abusando della loro posizione e della credulità popolare hanno in queste settimane diramato notizie che si presumono false e tendenziose sull’aumento delle tariffe dei esercizi pubblici locali, al fine di orientare indebitamente l’elettorato verso astensione e No al referendum». A cinque giorni dal voto, domenica 1 dicembre, gli animi si surriscaldano.
Gli elettori chiamati alle urne domenica sono 206.553 (fonte ufficio elettorale del Comune). 108.760 sono donne. 97.793 sono gli uomini. Gli iscritti alle liste elettorali in centro storico e isole sono poco più di 72 mila. Oltre 134.500 in terraferma.
La scelta del ricorso contro il quorum (quel 50 per cento di votanti più uno) che rende valido il referendum consultivo è l’estrema conseguenza di una escalation di proteste del fronte autonomista contro la scarsa informazione assicurata a questo appuntamento con il voto. Tema di scontro in queste ore sono stati anche i tabelloni elettorali che da anni spesso, alle elezioni, rimangono vuoti. All’Ateneo Veneto, Giorgio Suppiej di “Venezia Serenissima” ha strappato applausi denunciando quello che definisce il «tentativo di ostacolare la campagna referendaria».
Partendo dai manifesti strappati a Sacca Fisola e San Marcuola. Suppiej è testimone delle tensioni del passato: al primo referendum del 1979 finì in ospedale picchiato mentre attaccava manifesti pro autonomia. «Cento tabelloni sono previsti dalla legge elettorale in città. Ne sono stati messi a Venezia solo sei, tutti nascosti. A San Marcuola, dietro i cassonetti a Sacca Fisola. Per San Marco ci sta solo quello di campo Manin, a Castello non li vede nessuno fino a via Garibaldi. Un tabellone è al Lido, uno a Murano e un altro a Burano e tutti in posizione defilata. Sono grandi solo tre metri per due. Questo non rende onore alla giunta e al sindaco che devono garantire lo svolgimento del referendum», ha detto.
Critiche anche alla scelta di far togliere i drappi esposti su case private con l’invito a votare Sì che ha visto in azione i vigili. «Hanno mandato i vigili a farli togliere ma il referendum non è una campagna politica e una sentenza di Corte costituzionale, la 161 del 1995, li consente per i referendum», insiste l’avvocato. «Nessuna legge lo vieta. Vedremo che norma richiamano nei verbali perché per noi si tratta di abuso d’ufficio», ha denunciato all’Ateneo Veneto l’avvocato. Nelle scorse ore, dopo i divieti, sui balconi sono apparsi drappi bianchi e sostenitori hanno indossato le bandiere del Sì.
Di contro le norme 2019 della Prefettura per le elezioni, pubblicate sul sito dell’ente di governo, spiegano che «fino alla chiusura delle votazioni è vietata l’esposizione di striscioni o manifesti fuori dagli appositi spazi», comprendendo «anche portoni, saracinesche, chioschi, capannoni, palizzate, alberi, autoveicoli in sosta», si legge. Insomma, la polemica è servita. E avvelena la prossima domenica di voto. E il ricorso contro il quorum, dice l’avvocato, è ora «l’unico modo per fare valere i diritti sacrosanti dei cittadini». Il ricorso urgente, previsto in deposito nelle prossime ore, non fermerà la consultazione di domenica.
Si muove ancora anche la piattaforma “+Mestre + Venezia” che dopo l’aver annunciato denunce contro Avm, che ha rifiutato la pubblicità referendaria sugli autobus dell’azienda di trasporto, ha deciso di inviare una lettera aperta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella che oggi incontra il sindaco a Roma.
«Le chiederemmo solo di ricordare al nostro sindaco che un rappresentante delle istituzioni non può e non deve mai invitare a non votare. Le chiederemmo di ricordargli che molti italiani hanno perso la vita per regalarci tale diritto e che alla loro memoria si deve deferenza e rispetto», scrivono nella missiva al presidente, al quale si rivolgono come garante degli italiani. —
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