Referendum, il governo presenta ricorso

La delibera sarà impugnata davanti alla Corte Costituzionale: per il Dipartimento Affari regionali sarebbe “illegittima”
Interpress/Mazzega Venezia, 22.04.2015.- FOTO AEREE Nella foto Venezia e Ponte della Libertà
Interpress/Mazzega Venezia, 22.04.2015.- FOTO AEREE Nella foto Venezia e Ponte della Libertà
Il governo ricorre alla Corte Costituzionale contro il referendum per la separazione. Voci che si rincorrono da mesi. Ma nelle ultime ore arriva da Roma la conferma. La prossima settimana il Consiglio dei ministri approverà un provvedimento per impugnare davanti alla Consulta la decisione della Regione di approvare il referendum per l’autonomia amministrativa. Il ministro per gli Affari Regionali Enrico Costa, avvocato di Ncd, ha in mano il pallino. «Non parlo, non posso», dice a precisa domanda, «perché nelle prossime ore dovremo assumere come governo decisioni importanti sul tema».


Conferme arrivano anche dai parlamentari veneziani e dal sottosegretario Pierpaolo Baretta, da sempre contrario alla separazione dei due comuni. Il motivo dell’iniziativa è presto spiegato. Era stato proprio il Dipartimento Affari Regionali, di cui Costa è ministro, a dare un parere di legittimità negativo, esattamente un anno fa, alla richiesta che gli era stata inviata dal Comune. Il sindaco Luigi Brugnaro, anche lui unionista convinto, aveva scritto qualche mese dopo una lettera al premier Matteo Renzi, chiedendogli di intervenire. Ora il governo potrebbe fare la sua mossa. Togliendo così le castagne dal fuoco ai contrari al referendum, che è già stato approvato dal Consiglio regionale. E anche ai “separatisti poco convinti”.


Il presidente della Regione Luca Zaia, in presenza di un atto del governo che impugna la sua delibera davanti alla Corte, non potrebbe far altro che sospendere la firma sul decreto di convocazione dei comizi. Con il risultato che il referendum non si potrà fare il 22 ottobre, la stesa data della consultazione sull’autonomia del Veneto. Significa ricominciare da capo, o quasi, per i promotori del referendum.


Alla base del ricorso presentato dal governo c’è la questione dell’illegittimità del referendum dopo l’introduzione della legge Delrio sulle Città Metropolitane, due anni fa. Secondo gli Affari regionali – il cui parere è stato confermato anche dall’Ufficio legislativo della Regione ma ignorato da giunta e Consiglio – la nuova norma istituisce procedure diverse per la separazione, per cui si dovrebbero pronunciare i cittadini dell’intero territorio metropolitano. Esattamente il contrario di quanto ha invece votato la Regione. Stabilendo la “meritevolezza” del quesito e dunque la sua ammissibilità, nel febbraio scorso e fissando i confini territoriali degli aventi diritto al voto, i residenti nell’attuale comune di Venezia. Parere opposto quello ribadito dai promotori del referendum. «L’articolo 133 della Costituzione che prevede la competenza della Regione nel decidere i confini dei comuni», scrivono Marco Sitran e Stefano Chiaromanni, entrambi avvocati, «è sicuramente superiore a una legge ordinaria come la Delrio. I cittadini hanno diritto di esprimersi». Battaglia lunga, che dura da qualche anno. E ha provocato fratture politiche nelle maggioranza di centrodestra. L’assessora al Commercio di Brugnaro, la leghista Francesca Da Villa, è stata costretta a dimettersi ed espulsa dal partito per non aver votato contro la delibera che proponeva di ricorrere al Tar contro la Regione. Palazzo Balbi, a guida leghista, dopo lunghe incertezze ha infine intrapreso la strada del referendum. L’approvazione dell’ultimo atto risale alla settimana scorsa, adesso si attende la firma del presidente Zaia sul decreto di convocazione dei comizi. Divisioni anche nel centrosinistra, con molti esponenti del Pd e della sinistra adesso convinti della bontà del referendum e della separazione amministrativa. Per Brugnaro invece, la separazione «sarebbe un disastro».


Adesso la parola alla Consulta. Che potrebbe avere un ruolo decisivo anche nelle conseguenti decisioni della politica.


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