Reclutavano combattenti islamici: due espulsi

Rete jihadista legata al bosniaco Mesinovic, partito dal Veneto e morto in Siria: uno degli estremisti è già in Marocco
Ismar Mesinovic con il figlio in un'immagine d'archivio. Ha paura e non vuole parlare con nessuno anche se a mezza voce qualche parola la dice. E' la moglie di Ismar Mesinovic, bosniaco che viveva tra Ponte nelle Alpi e Longarone nel bellunese morto ad Aleppo per combattere il regime di Assad e frequentatore di centri islamici tra Belluno, Treviso e Pordenone. Le scelte di 'fede' e il percorso da Belluno alla Siria attraverso i balcani di Mesinovic sarebbero tra i punti chiave dell'inchiesta dei Ros e della Procura di Venezia sul proselitismo in Veneto a favore della jihad. ANSA / Luca Zanfron
Ismar Mesinovic con il figlio in un'immagine d'archivio. Ha paura e non vuole parlare con nessuno anche se a mezza voce qualche parola la dice. E' la moglie di Ismar Mesinovic, bosniaco che viveva tra Ponte nelle Alpi e Longarone nel bellunese morto ad Aleppo per combattere il regime di Assad e frequentatore di centri islamici tra Belluno, Treviso e Pordenone. Le scelte di 'fede' e il percorso da Belluno alla Siria attraverso i balcani di Mesinovic sarebbero tra i punti chiave dell'inchiesta dei Ros e della Procura di Venezia sul proselitismo in Veneto a favore della jihad. ANSA / Luca Zanfron

VENEZIA Due espulsioni per prevenzione del terrorismo di matrice islamica a Nordest. Due espulsioni legate alla rete di predicazione e reclutamento jihadista di “foreign fighter” che si sarebbe sviluppata a Nordest, sulla quale stanno indagando da tempo i carabinieri del Ros di Padova. Indagine iniziata dopo la morte di Ismar Mesinovic, il bosniaco residente nel Bellunese e morto ad Aleppo, in Siria, nel gennaio 2014. Il 36enne era il padre di Ismail Davud, il bambino che ora ha tre anni e che il combattente con l’inganno lo ha sottratto alla moglie cubana, portandolo con sé in Siria. Il piccolo è rimasto tra i terroristi dopo la morte del genitore. Il piccolo Ismail è vivo ed è ospite di una famiglia bosniaca non lontano dal confine della Turchia. Il luogo dove è stato individuato si trova, comunque, in una zona ancora pienamente sotto il controllo dell'Is. Ne sono certi i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale, che da oltre un anno sono sulle tracce del piccolo.

Una vicenda complessa e ingarbugliata, visto che il piccolo, in poco più di un anno, è stato affidato a diverse persone dopo la morte del padre. Ieri mattina, i militari hanno eseguito a Pordenone il primo decreto emesso dal Viminale nei confronti di Arslan Osmanoski, individuato come “braccio destro” di uno dei principali indagati di questa “filiera” di reclutamento jihadista in Italia. Un altro provvedimento era destinato al marocchino, Anass Abu Jaffar, già residente nel Bellunese e autore di commenti di Facebook inneggianti al jihad e agli attentatori di Charlie Hebdo. Ma quest'ultimo da tempo sarebbe in Marocco. L’abitazione pordenonese di Osmanoski era stata perquisita il 30 ottobre scorso sempre dai carabinieri, che avevano trovato e sequestrato materiale di stampo jihadista, come sermoni dell’imam Ebu Muhammed, musulmano bosniaco legato ai movimenti salafiti della moschea Sahaba di Vienna e sospettato di collegamenti terroristici in patria, e anche prediche dell'imam Nusret Imamovic, ora in Siria per sostenere i qaedisti di Al Nusra. Osmanoski avrebbe inoltre tenuto uno suo stile di vita isolato e improntato ai dettami salafiti, imposto anche ai familiari. Il marocchino Abu Jaffar, anch'egli vicino a Mesinovic, nel giugno 2013 aveva elogiato su Facebook il “martire” Giuliano Delnevo, lo studente genovese convertitosi all’Islam radicale e morto in combattimento in Siria, così come dopo la morte del «fratello» Mesinovic, «morto perché il suo sogno era quello di riportare giustizia in quella terra», aveva scritto. Sempre Jaffar aveva espresso sentimenti antioccidentali in occasione della strage del 9 gennaio a Parigi, scrivendo «Je ne suis pas Charlie Hebdo». Jaffar decideva di postare, nel proprio profilo Facebook, che elogiavano le gesta, dopo la morte, del “fratello” Ismar Mesinovic, manifestando di condividere totalmente le sue scelte: «Rahimaka Allah, fratello mio, che Allah abbia misericordia di te ya rabb Shahid In'Sh'Allah. Che Allah liberi la Sirya per cui ha combattuto. Che Allah renda tuo figlio un buon Musulmano e lo protegga. Che Allah dia molta pazienza alla tua famiglia ya rabb… Così, sorridente voglio ricordare questo fratello morto in Siria... Morto perché il suo sogno era quello di riportare giustizia in quella terra… Morto per quelle migliaia e migliaia di donne e bambini uccisi ingiustamente. E Allah ne sa di più. Che Allah abbia misericordia della tua anima e che ti accolga nel firdaws tra i martiri».

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