Razzismo e botte in campo ora il verdetto dell’arbitra

L’insulto di un giocatore della Gregorense a un ragazzino della Fossaltese e i disegni osceni sul muro dello stadio: fondamentale il verbale dell’arbitro
PORTOGRUARO - DINO TOMMASELLA - CRUCCO - PORTOGRUARO/FOSSALTESE IL GOAL DEL PORTO SEGNATO DA FABBRO A TERRA A DX
PORTOGRUARO - DINO TOMMASELLA - CRUCCO - PORTOGRUARO/FOSSALTESE IL GOAL DEL PORTO SEGNATO DA FABBRO A TERRA A DX

FOSSALTA DI PORTOGRUARO. Potrebbero arrivare già domani le decisioni del giudice sportivo su quanto accaduto domenica mattina in occasione della gara del campionato regionale categoria “Giovanissimi” tra la Fossaltese e i padovani della Gregorense Trinitas Pontevi. I giocatori del team padovano si sarebbero resi responsabili dell’imbrattamento con il fango del muro del corridoio dello spogliatoio dello stadio di Fossalta di Portogruaro, con tanto di riproduzione sulla parete di un simbolo fallico. Ma, soprattutto, un giocatore padovano avrebbe apostrofato un ragazzino di 13 anni di colore della Fossaltese con un irripetibile insulto razzista: «Negro di m…». Se il fatto fosse accertato e il giocatore reo dell’insulto individuato, allora per lui si potrebbe profilare una lunga squalifica. Ma il condizionale è d’obbligo, visto che le versioni delle due squadre divergono totalmente in merito. Tutto dipenderà da quanto l’arbitro dell’incontro, Sara Dalla Cia di Portogruaro, scriverà sul proprio referto, l’unico atto ufficiale su cui si baserà il giudice sportivo.

Per il momento, di certo c’è solo l’email che la Fossaltese ha inviato al comitato regionale della Federcalcio per testimoniare con un dossier fotografico l’imbrattamento dei muri. Intanto la Gregorense ha avviato incontri con i ragazzi sui temi del razzismo.

«Io ho assistito all’ultimo quarto d’ora di partita. Quando sono arrivato», spiega Flavio Tamai, direttore sportivo della Fossaltese, «mi è stato fatto notare che tra il primo e il secondo tempo i ragazzi della Gregorense avevano imbrattato il muro del corridoio degli spogliatoi. Ho atteso la fine della partita e ho parlato con l’allenatore e il dirigente accompagnatore degli avversari. E il mister ha deplorato il gesto fatto dai ragazzi. È una questione di educazione e di mancanza di rispetto, anche perché i muri erano stati ridipinti da pochi giorni».

E l’insulto razzista del giocatore padovano?

«Personalmente non mi ero accorto di un insulto razzista, la frase non l’ho udita. Ma non ero proprio adiacente al campo», conclude il diesse Tamai, «però il nostro allenatore mi ha confermato che effettivamente questa frase sarebbe stata detta. Noi, comunque, non abbiamo fatto nessun reclamo o esposto, è tutto nelle mani dell’arbitro. Abbiamo solo informato l’arbitro sulla vicenda dell’imbrattamento e ho inviato alla Federazione un’email con le foto dei muri sporchi. Altro non faremo».

La Gregorense ha respinto fin da subito la ricostruzione circa l’esistenza dell’insulto razzista. La società padovana si è fatta promotrice di alcuni incontri sul tema del razzismo per spiegare ai ragazzi la problematica.

Giovanni Monforte

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