Ratti, ancora nessun rimborso «C’è crisi, ma non chiudiamo»
il caso
Nessun rimborso a quasi quindici mesi dall’acqua alta del 12 novembre 2019. Sessanta mila euro che, inutile dirlo, garantirebbero una boccata d’ossigeno nella situazione di difficoltà in cui si trovano le attività economiche dallo scoppio della pandemia. La denuncia arriva da Ratti a San Lio, storica ferramenta e negozio di elettrodomestici aperto a Venezia dalla fine del 1800. Nelle ultime settimane, in città girano voci di chiusura. Ipotesi smentite bruscamente dal titolare, Luca Ghegin. Il quale però non nasconde che i problemi negli ultimi mesi si siano accumulati. Prova ne sono gli scarni scaffali dentro un punto vendita di 700 metri che ha rifornito generazioni e generazioni di residenti.
«Abbiamo presentato telematicamente la domanda per avere i rimborsi dell’acqua alta ma quei soldi ancora non sono arrivati» spiega Ghegin. Lui e la sua famiglia ha rilevato nel 1985 le quote del ramo di azienda dalla famiglia Ratti. Durante i mesi di pandemia, il negozio è sempre rimasto aperto in quanto rivendita di beni di prima necessità.
Inevitabilmente però, il fatturato è andato a picco fino a raggiungere anche un meno 60% nei mesi più duri del lockdown. Se l’estate ha fatto segnare una ripresa, le speranze sono svanite definitivamente a partire da ottobre. L’attività è riuscita ad andare avanti anche grazie ai titolari dell’immobile, che hanno deciso di abbassare l’affitto del 50% proprio per venire incontro alle difficoltà del momento. Dei tredici dipendenti, nessuno è stato licenziato o messo in cassa integrazione: per tutti però è scattato il part-time. A complicare il tutto, anche i mancati pagamenti da parte di aziende importanti della cantieristica navale.
«Per andare avanti in questi mesi abbiamo dovuto fare gli equilibristi - aggiunge Ghegin - essendo un negozio tutto sommato medio-piccolo, siamo riusciti a riparametrare tutti i costi del negozio. Ma se la situazione dovesse continuare anche per il 2021, non so come riusciremo ad andare avanti. Dovremo ridurre le aperture del negozio, e fare massiccio ricorso alla cassa integrazione». —
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