Rapinò il parroco, condannato a 3 anni
CHIOGGIA. «Non avrei mai creduto di trovare tutta quella forza in me. Ho steso le gambe, stando seduto sul letto, e sono riuscito ad allontanare quel giovane che mi aveva puntato il coltello contro». Si è stupito di sé, don Mario Pinton, ricordando la rapina in canonica subìta nel cuore della notte nel gennaio 2016, quando era parroco di Borgo San Giovanni. Ieri mattina in tribunale a Venezia, l’anziano sacerdote è stato sentito come parte offesa, ultimo atto del procedimento penale a carico di Anwar Moufadil, marocchino di 30 anni residente a Pontelongo (Padova). Alle 14, la sentenza letta dal presidente del tribunale collegiale Stefano Manduzio, a latere Claudia Ardita e Fabio Moretti: il giovane è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per tentata rapina. Quando avrà espiato la pena il 30enne, attualmente in carcere, sarà espulso dal territorio italiano. I giudici hanno disposto anche il rinvio degli atti alla Procura per il reato di furto in abitazione. La pubblico ministero Laura Cameli aveva chiesto la condanna dell’imputato a 4 anni e 6 mesi. Il difensore di Moufadil, l’avvocato Roberto Rechichi, potrà impugnare la sentenza in appello.
Il racconto del parroco. Un racconto lucido, preciso, dettagliato. Don Mario Pinton ha ricostruito in aula quella nottata di terrore rispondendo alle domande di accusa, difesa e giudici. Era l’una. L’anziano sacerdote si era svegliato vedendo nella sua camera da letto una luce. Era quella usata dal malvivente per cercare qualcosa da rubare. «O mi dai i soldi o ti ammazzo», aveva detto Moufadil, puntando contro il parroco un coltello preso dal cassetto della cucina della canonica. «A quel punto avevo trovato non so dove la forza di reagire», ha raccontato don Pinton in aula, «Mi sono seduto sul letto, ho spinto quel ragazzo distendendo le gambe». E in effetti il parroco così facendo era riuscito ad allontanare il rapinatore che se ne era andato portando con sé quattro cellulari, di cui tre rotti, e un portaostie in bagno d’oro. «Sono rimasto turbato a letto, non ho chiamato subito la polizia», ha spiegato, ricordando che poco dopo aveva ricevuto una telefonata dalla polizia che chiedeva spiegazioni sulla sua auto. Don Pinton non si era accorto infatti che il giovane, prima di fuggire, aveva preso le chiavi della Fiat Punto lasciate al pianterreno della canonica. Il giovane se n’era andato proprio a bordo dell’utilitaria del prete. Salvo poi abbandonarla lungo la Romea, a Rosara di Codevigo. Un automobilista non aveva visto la Punto a bordo strada e l’aveva centrata. Qualche ora più tardi la polizia, intervenuta in seguito all’incidente, aveva fermato un extracomunitario che camminava lungo la Piovese con l’aria spaesata. Era Moufadil che con sé aveva i cellulari del prete e il portaostie.
Don Pinton aveva sin da subito riconosciuto il ragazzo che aveva fatto irruzione in camera e anche ieri in aula ha ribadito la descrizione dell’aggressore: «Un ragazzo alto, magro, dall’inconfondibile andatura protesa in avanti». Dalla ricostruzione del fatto, confermata ieri in aula, è emerso che Moufadil fosse entrato in canonica alcune ore prima, approfittando del fatto che la porta era aperta. Poi aveva atteso che calasse la notte, prima stando nascosto in un magazzino della parrocchia, poi abbuffandosi in cucina, dove aveva trovato anche i cellulari e le chiavi della Punto. Quindi era salito in camera alla ricerca dei soldi. Non aveva fatto i conti con la reazione del parroco.
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