Rapinatore inchiodato dal fango
Agli inquirenti non ha mai dato spiegazioni. Le pistole, gli orologi, i gioielli, per la Procura, rappresentano la prova che Fejzi Kulluri è coinvolto nella rapina di cui è rimasto vittima l’imprenditore Renzo Venerandi, re della movida trevigiana. Ma un nuovo particolare, emerso nel corso delle indagini, condotte dalla Procura di Treviso, colloca il giovane albanese residente a San Donà nella casa in cui è stata commessa la rapina: al momento dell’arresto infatti, a Kulluri sono stati sequestrati abiti sporchi di terra e erba. Tracce di terriccio sulle quali, su richiesta del pubblico ministero Barbara Sabattini, sono stati eseguiti una serie di esami di laboratorio. Obiettivo, determinare da dove provenisse quel materiale organico, giocando d’anticipo rispetto alle possibili tesi della difesa.
Kulluri potrebbe affermare che quegli abiti si erano sporcati di fango quando ha seppellito le armi (di proprietà di Venerandi) nel suo giardino. Ma il risultato dell’esame comparativo offre risposte completamente differenti: la terra trovata sulle scarpe e sugli abiti del giovane albanese, accusato di rapina aggravata, sequestro di persona, lesioni ed evasione (era evaso dai domiciliari) è altamente compatibile con quella che si trova a Monastier, nella villa di Venerandi. Il materiale nulla ha a che fare con il campione raccolto nell’abitazione di San Donà di Kulluri. Il risultato del test aggiunge un nuovo tassello all’indagine: a breve, sul tavolo del pubblico ministero Barbara Sabattini, arriveranno anche le analisi del Dna disposte su quegli abiti infangati. La Procura è a caccia di tracce che colleghino Kulluri agli altri due indagati per la rapina di cui è rimasto vittima Venerandi. Erano in quattro quella notte a tendere un agguato all’imprenditore trevigiano. Kulluri è stato arrestato, altri due giovani sono indagati, ma del quarto componente della banda ancora non c’è traccia.
Il commando è entrato in azione il 23 novembre 2013. I banditi hanno atteso nascosti dietro a una siepe che Venerandi entrasse in casa. Una volta varcata la soglia, sono usciti allo scoperto: hanno immobilizzato l’imprenditore. Lo hanno costretto ad aprire la cassaforte e, dopo averla trovata vuota, lo hanno legato e minacciato, costringendolo a consegnare soldi, gioielli, orologi. Pochi giorni dopo i carabinieri di San Donà hanno arrestato Kulluri. Nella sua abitazione erano stati trovati oggetti frutto del bottino del colpo.
Fabiana Pesci
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