Rapina con il machete a San Donà quasi dimezzate le condanne
I dominicani avevano aggredito tre ragazzi in casa nella notte di Capodanno per un errore di persona, credevano che fossero loro a dovergli dare diecimila euro per un debito di droga
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - CONDOMINIO VIA GIORGIONE 4
SAN DONÀ. Rapina a Capodanno con il machete ai danni di tre ragazzi, che però nulla avevano a che fare con il regolamento di conti: la prima sezione della Corte d’Appello di Venezia ieri ha quasi dimezzato le condanne comminate ai due imputati, confermando però la provvisionale di 8.000 euro all’unica ragazza che si era costituita parte civile con l’avvocato Igor Zornetta. Josè Anderson Sangiovanni, 31enne della Repubblica di Santo Domingo difeso dall’avvocato Andrea Galli, era stato condannato in primo grado dal giudice per l’udienza preliminare Alberto Scaramuzza a 7 anni. La Corte d’Appello ha rivisto la condanna a 4 anni. Per il 31enne Darlin Sanchez Carrasco, difeso dall’avvocato Giorgio Pietramala, i 4 anni e 2 mesi di carcere sono diventati 2 anni e 8 mesi.
I due dominicani pretendevano la restituzione di 10 mila euro, pare legati a un debito per questioni di droga, ed avevano deciso di passare alle maniere forti. Erano entrati in azione la notte di Capodanno 2016, a volto scoperto e armati di machete, revolver (quest’ultimo risultato in seguito falso) e coltello, in un appartamento di via Giorgione a San Donà. Davanti a loro, però, Anderson Sangiovanni e Sanchez Carrasco non avevano trovato chi cercavano, bensì tre ragazzi - due colombiani di 18 e 21 anni e una ragazza di San Donà di 20 anni - che erano appena rientrati in casa dopo aver festeggiato fuori l’arrivo del 2016.
I rapinatori non si erano fermati davanti al fatto che non si trattava delle persone che cercavano: i tre ragazzi erano stati colpiti con il calcio della pistola e feriti con il coltello. Mentre uno li aveva portati in camera, tenendoli sotto la minaccia della pistola, gli altri due avevano saccheggiato la casa, portandosi via 400 euro e un telefono cellulare. «Dieci minuti di terrore», avevano raccontato i giovani rapinati ai carabinieri. Le indagini avevano accertato che i tre ragazzi si erano trasferiti nell’appartamento della rapina da soli due giorni. Ad abitare là prima di loro era stato il cugino di uno dei due colombiani, che poi era partito per l’estero lasciando la sua casa ai nuovi inquilini.
Dieci giorni dopo la rapina, i carabinieri della Compagnia di San Donà e del Nucleo investigativo di Venezia avevano fermato due dei tre responsabili dell’episodio. Fatale l’errore dei malviventi di essere entrati in azione a volto scoperto. Le vittime avevano fornito una descrizione precisa dei rapinatori che era stata incrociata con un centinaio di foto di sudamericani già fotosegnalati. Un lavoro certosino, fino a quando i militari dell’Arma erano riusciti a risalire a due dei tre aggressori.
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