Raduno degli Alpini: «Dieci mesi con i muli nella Brigata Julia»
NOVENTA. «Chi è stato alpino rimarrà per sempre fedele agli alpini. Perché alpini si resta dentro». Vitaliano Pistolato ha 65 anni. Originario di Mestre, abita da tempo a Noventa di Piave, dove si è trasferito per lavoro. Leggendo le pagine che La Nuova ha dedicato ai ricordi della naja alpina è riandato indietro con la memoria al periodo trascorso, a metà degli anni Settanta, nella brigata Julia a Tolmezzo.
Gli anni sono passati, ma Vitaliano Pistolato è ancora profondamente legato agli alpini. A casa conserva la sciabola da sottoufficiale e il cappello con la penna nera. Fa parte del gruppo alpini di San Donà ed è sempre presente alle adunate, oltre a ritrovarsi con i vecchi compagni del corso ufficiali. A Treviso ci sarà. Il filo dei ricordi si riannoda agli anni Settanta. Vitaliano Pistolato, che aveva frequentato l’istituto tecnico Zuccante a Mestre, fa domanda per l’ingresso nel corso ufficiali. Il 7 gennaio 1974 parte per Foligno, doce c’era la scuola allievi ufficiali e sottoufficiali di artiglieria. Era un giovane alto. Appena arrivato a Foligno, fu dunque subito assegnato all’artiglieria alpina e da montagna. A Foligno in quei mesi, guarda caso, c’era anche un altro noventano, Giuseppe Baita. Sei mesi di corso e poi 14 esami di arte militare.
«Ricordo ancora la prima cosa che ci dissero a Foligno. Prima di comandare, bisogna saper obbedire», spiega Vitaliano Pistolato, «eravamo lì per diventare ufficiali. Ma abbiamo passato sei mesi in cui tutti potevano darci ordini». Passati gli esami, Vitaliano Pistolato, divenuto sottotenente, fu assegnato al reggimento della Brigata Julia a Tolmezzo, dove comandò una compagnia. A Tolmezzo rimase dieci mesi, fino all’aprile 1975. Negli ultimi mesi arrivò a comandare una batteria da montagna, composta da un centinaio di soldati, un’ottantina di muli e 4 obici. «Dei muli si parla sempre troppo poco. L’artiglieria aveva la prima scelta anche nei muli, che dovevano essere circa di un metro e 80 al garrese», ricorda Pistolato. Ogni artigliere semplice ne aveva assegnato uno da condurre. Pistolato, da ufficiale, ne era esentato. Ma l’addestramento con i muli lo aveva provato a Foligno. «Nell’artiglieria alpina i muli portavano l’obice. Il pezzo che pesava meno era di circa 95 chili, il più pesante di 146. Per portare un obice completo ci volevano 14 muli», prosegue Pistolato, «i pezzi venivano caricati sul mulo a mano. Due soldati lo issavano su una terza persona, che poi si avvicinava al mulo. Il pezzo veniva così caricato sull’animale e poi fissato dai commilitoni. A Foligno si facevano le gare di smontaggio dell’obice. Il record era di due minuti e mezzo». (g.mon.)
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