Quinn dona “le mani” Arsenale o Ca’ Pesaro possibili alternative
Ieri l’artista era a Ca’ Sagredo insieme alla direttrice Lain «La scultura sarà riportata in Spagna, segata e restaurata»
Venezia, Lorenzo Quinn: "Spero che le mie 'Mani' possano tornare in laguna"
VENEZIA. L’Arsenale. O, in alternativa, Ca’ Pesaro. Sono le due possibili alternative di cui si parla per far restare la “Mani” di Lorenzo Quinn a Venezia. Il 3 maggio cominceranno i rilievi, il 7 i lavori per segarle e rimuoverle dalla facciata di palazzo Sagredo, dove sono da un anno. Difficile una proroga, anche se tra pochi giorni si inaugura la Biennale architettura. La Soprintendenza ha ordinato di rimuoverle e l’artista ha deciso di non opporre resistenza.
«Certo sono molto triste», dice, «ma è giusto. Il mio sogno adesso è che le Mani, che non appartengono più a me ma alla città di Venezia, possano rimanere qui. Non dentro un magazzino, ma in un luogo pubblico».
Quinn, che ha parenti veneziani, non fa cenno delle possibili alternative. «Dovranno decidere le autorità», dice. Comunica il suo “cronoprogramma” per lo smontaggio della struttura, ormai diventata una parte di città. Un messaggio ambientalista che ha fatto il giro del mondo, fotografato dal Canal Grande da milioni di turisti. Adesso la grande scultura alta nove metri e pesante due tonnellate e mezzo dovrà essere segata alla base. Sarà custodita in un capannone a Marghera, poi portata nello studio dell’artista in Spagna per essere restaurata dopo essere stata per un anno sommersa dall’acqua salata.
Un’opera che, come raramente accade a Venezia, ha sollevato commenti positivi generali. «Siamo dispiaciuti, ma i permessi erano provvisori», dice Lorenza Lain, direttrice dell’hotel Sagredo che ha ospitato l’opera “Support” dal maggio dell’anno scorso, «adesso speriamo che succeda qualcosa». Quinn annuisce. «Venezia è città fragile e va protetta», dice. Accanto a lui passano vaporetti stracarichi di turisti, taxi da tutte le parti, barconi.
«Governare il turismo è problema complesso, mi rendo conto», continua, «ma bisogna fare qualcosa. Un ticket di 50 euro per esempio. Non sarebbe scandaloso, anche a new York si paga per attraversare il ponte di Brooklyn. E poi bisogna pensare a un limite, così non va».
Alla città di Venezia Quinn ha già donato un’opera del valore di un milione e mezzo di euro, “Stop playing”, monito a chi gioca con il pianeta che non può sopportare più affronti ambientali. Sarà installata a Forte Marghera. Adesso per la Biennale Arti Visive dell’anno prossimo arriverà un’ altra grande opera, sempre sul tema delle mani.
Che fine faranno adesso le Grandi Mani di Support? Quinn rivela di avere ricevuto «numerose offerte da galleristi italiani e stranieri». «Ma non mi interessa», dice, mentre tiene per mano il figlio Anthony, avuto da moglie veneziana. Le sue manine sono state l’ispirazione per la grande scultura.
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