Quei “massaggi” per il vigile e il politico

Nei centri cinesi ragazze a disposizione di un addetto di polizia urbana che andava a recapitare gli atti. E dalle intercettazioni emerge che un assessore di un comune della provincia frequentava le “massaggiatrici”. In cambio di favori

MESTRE. Un assessore, un vigile urbano e il “bordello a Venezia”. Sono diversi i fronti, secondari, d’indagine che si aprono dopo la conclusione della prima parte dell’inchiesta della Guardia di Finanza e della Dda sull’imprenditore cinese Luca Keke Pan. Il “re di via Piave” è finito in carcere assieme ad altre otto persone, mentre due sono state messe agli arresti domiciliari e tre hanno il divieto di risiedere nel comune di residenza. Per tutti l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e all’immigrazione clandestina. Clandestini e prostitute hanno permesso a Pan di costruire un impero, ora in gran parte individuato e sequestrato dai finanzieri del Gico di Venezia. I militari hanno messo i sigilli a beni mobili e immobili per 20 milioni di euro.

Le ragazze cinesi oltre a fare massaggi nei quattro centri gestiti da Pan, si prostituivano e garantivano all’imprenditore un notevole canale di reddito e venivano usate dallo stesso per compiacere amministratori locali e vigili urbani. In sostanza per corrompere le persone che gli tornavano utili. Ne sono convinti i finanzieri che, durante questo anno di indagini, si sono imbattuti in diversi dipendenti pubblici non certo fedeli. Dalle intercettazioni emerge come un vigile urbano della provincia veneziana si recava nei centri massaggio quando doveva notificare degli atti amministrativi. Ma non ci andava di giorno, bensì di sera, finito il lavoro d’ufficio. Il gip Alberto Scaramuzza, nell’ordinanza che ha portato in carcere il gruppo che faceva capo all’imprenditore, sottolinea la «...capacità di Keke Pan di intessere relazioni e legami anche con pubblici funzionari, idonei a far proseguire indisturbata l’attività».

In un’intercettazione del marzo scorso Francesco Frigato, uno degli arrestati, dopo essere stato chiamato dal vigile urbano parla con Pan e gli dice: «...Ascolta manda la Lin all’ufficio di... a ritirare i bidoni della spazzatura, perché mi ha chiamato stamattina il vigile: dille alla Lin che stasera alle nove va anche il vigile a farsi un massaggio...».

Sempre Frigato è il tramite, non solo con i funzionari pubblici, come il vigile urbano, ma anche con amministratori pubblici locali. A febbraio di quest’anno è sempre Frigato che, al telefono, evidenzia questo ruolo. Chiama al cellulare il finanziere (Paolo) che il Gico aveva infiltrato nell’organizzazione. Dice Frigato: «...chi c’è a Pettorazza che lavora? Ascolta io ho bisogno di andare là a farmi un massaggio...ma io sono con un amico dopo che questo qua... è un assessore questo, quindi deve offrirci il massaggio...».

Gli inquirenti ora stanno cercando di individuare anche il “bordello” con escort e frequentato da politici gestito da giapponesi a Venezia, di cui parla Barbara Chinellato (altra arrestata) quando spiega al contabile del gruppo che bisognava diversificare l’attività, puntando ad avere veri e propri bordelli per gli italiani.

Intanto in via Piave cresce l’apprezzamento per l’operazione della Guardia di Finanza. Tanto che una bandiera, già esposta a marzo dello scorso anno per celebrare l’Unità d’Italia, è stata srotolata come simbolo di giustizia libertà.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia