Quattro coltellate all’amico condannato a 30 mesi
JESOLO. Per la pubblico ministero Lucia D’Alessandro quelle quattro coltellate inferte all’amico erano configurabili come un tentato omicidio. E per questo ieri, al termine della requisitoria davanti al gup David Calabria, aveva chiesto la condanna di Aramis Guerrero Santana, operaio dominicano di 33 anni residente a Vigodarzere (Padova), a 6 anni di reclusione, tenuto conto dello sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato, scelto dall’imputato. Ma il giudice ha derubricato l’accusa a lesioni aggravate, condannando il dominicano a 2 anni e 6 mesi e disponendone la liberazione. Dopo un paio di settimane in carcere, lo scorso agosto, il difensore dell’imputato, l’avvocato Alessandra Nava, aveva ottenuto gli arresti domiciliari, ieri revocati dal giudice. Contestualmente alla condanna, il giudice ha disposto anche un risarcimento di 15 mila euro senza provvisionale a favore della vittima, connazionale dell’aggressore.
L’episodio aveva avuto i suoi natali in un locale a Jesolo. Era qui che la fidanzata di Aramis Guerrero Santana avrebbe salutato una persona che non era gradita al suo uomo. Il litigio tra la coppia era proseguito anche sulla strada del ritorno, lungo l’autostrada A4. In macchina con i due ragazzi c’era anche la vittima che, di fronte alla tensione che cresceva tra i due fidanzati, si sarebbe intromesso nella discussione per cercare di riportare la pace. A quel punto la situazione sarebbe degenerata. I due litiganti sarebbero scesi dall’auto a Quarto d’Altino, a poca distanza dal casello autostradale, per discutere faccia a faccia. Non è escluso che a far surriscaldare gli animi avesse contribuito anche l’alcol. L’imputato aveva raccontato che l’amico lo aveva aggredito con la mazza da baseball picchiandolo sulla schiena. Poi avrebbe cercato di colpirlo anche alla testa e lui di tutta risposta si sarebbe difeso con il coltello. Quando si era reso conto di aver ferito l’amico, Aramis Guerrero Santana lo aveva portato al pronto soccorso di Treviso, lasciandolo all’ingresso.
Secondo la pubblico ministero, nonostante la vittima non abbia mai corso pericolo di vita, era provata la volontà omicidiaria. Diverse le conclusioni della difesa, secondo cui i colpi sarebbero stati inferti in un contesto di litigio e che non sarebbero stati mirati a zone vitali del corpo. E quindi, secondo l’avvocato Nava, non ci sarebbe stata alcuna volontà di uccidere.
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