Quando il cuore dell’Ilva batteva a Marghera
Emerge un altro pezzo importante della storia industriale di Porto Marghera.
È un’altra tappa del progetto “Archivi della politica e dell'impresa del '900 veneziano”, ideato e coordinato dalla Fondazione Gianni Pellicani.
Stiamo parlando dell'archivio Ilva di Porto Marghera, parte di una storia imprenditoriale molto attuale, iniziata in città, quasi un secolo fa. La stessa Ilva ancora oggi presente a Marghera con maxi-deposito. Una società tornata prepotentemente alla ribalta per le tristi vicende di Taranto, che in passato aveva una presenza molto significativa a Porto Marghera. Una testimonianza venuta alla luce nella ricchissima documentazione che parte dalla metà degli anni Venti e termina negli anni Sessanta. Si tratta circa 3.000 disegni e oltre 80 buste contenenti le pratiche di committenza dei progetti realizzati dall’Ilva di Porto Marghera e materiale fotografico. Circa 7,5 metri quadrati di disegni e oltre 7 metri lineari di carte che raccontano la storia di un'ampia area di Porto Marghera e non solo. Un archivio che l’Ente Zona Industriale ha donato alla Fondazione Pellicani che ora ha iniziato l’opera di riordino e di catalogazione.
In due anni il progetto promosso dalla Fondazione Pellicani in stretta collaborazione con la Sopritendenza ai Beni Archivisti con il Comune e con la Regione (vedi scheda), ha consentito di recuperare e riordinare un nutrito numero di archivi dell’industria e della politica a forte rischio dispersione. Basti pensare agli archivi Fertimont, Montefibre, Vetrocoke. Per non parlare della ricchissima documentazione fotografica costituita da oltre 5.000 immagini. Tutto consultabile su internet (www.albumdivenezia.it/fgp/). E anche questa rappresenta un’assoluta novità in quanto gli archivi non risultano quasi mai consultabili sul web.
La Soprintendente Erilde Terenzoni, che segue da vicino l’iniziativa, ha sottolineato come «in soli due anni di attività siamo stati raggiunti risultati enormi per la qualità e la quantità del lavoro fatto. Auspico che il territorio continui a sostenere questo progetto con l’arrivo di nuovi aderenti».
Anche il vicesindaco Sandro Simionato ha evidenziato l’importanza del lavoro svolto, confermando il pieno sostegno del Comune: «Non si tratta di salvaguardare solo delle "carte", ma la Storia di questa città. Un'attività del genere è fondamentale per far crescere la sensibilità culturale sui temi del territorio».
Nel corso del 2013 la Fondazione inizierà anche un lavoro nelle scuole per valorizzare e divulgare il materiale raccolto, attivando dei laboratori didattici. Un’iniziativa che potrà contare sul pieno appoggio di Soprintendenza e Comune. «I laboratori didattici», ha ribadito Simionato, «collegati al progetto rappresentano un tassello importante perché i giovani possano conoscere la storia di Porto Marghera».
In questo senso l’archivio dell’Ilva offre una documentazione di grande valore. Prima della guerra la produzione dell’acciaieria a tre forni elettrici raggiungeva le 1.500 t/mese e impiegava 1.600 unità, ridotte a 1.100 subito dopo il conflitto, quando lo stabilimento fu gravemente colpito dai bombardamenti. L'Ilva dopo il conflitto riprese e potenziò le produzioni, risultando l’industria di Porto Marghera con il maggior numero di addetti (1.700 operai). Attraverso la rilevazione delle committenze e dei manufatti prodotti è possibile anche seguire le mire espansionistiche del regime fascista. Ovvero l’intreccio tra capitali privati, classe politica e intervento statale. Il risultato è una fotografia della realtà produttiva non solo di Porto Marghera, ma più in generale dell’intero territorio italiano, europeo e mondiale. Tra i committenti figurano imprese private, enti pubblici, studi d’ingegneria dispersi in tutto il pianeta. Del resto la tipologia dei manufatti prodotti da Ilva riguardavano diversi settori ma soprattutto componenti per grandi lavori infrastrutturali (dal ponte degli Scalzi e dell'Accademia a Venezia o sul Marzenego a Mestre, a ponti sul Po, nei Balcani e in Thailandia). Notevole anche il materiale legato allo sviluppo delle telecomunicazioni, come i tralicci per linee telefoniche commissionati dalla Sip, ma anche i pali per teleferiche, linee elettriche (principalmente per la veneziana Sade), gasometri, sistemi di sollevamento per i consorzi di bonifica, ecc.Tutti questi elementi testimoniano l’importanza dell’Ilva di Porto Marghera nel sistema produttivo nazionale e internazionale, importanza che conferma quanto Porto Marghera abbia rappresentato, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, non solo la storia del Novecento industriale a Venezia, bensì un tassello fondamentale della storia industriale italiana.
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