Punta Dogana, via il ragazzo con la rana
Il “ragazzo con la rana” lascerà la Punta della Dogana il 7 maggio e al suo posto, entro il 20 dello stesso mese ricomparirà il lampione che si trovava al suo posto nel 2009, quando la scultura di Charles Ray era stata installata, per l’apertura del nuovo spazio espositivo di François Pinault.
Lo rende noto il Comune, in risposta anche alla nuova polemica sull’addio della scultura innescata dal critico Bonami dalle colonne del quotidiano La Stampa che “Il ragazzo della rana” portò in quel punto, in occasione della mostra di apertura della Collezione Pinault. La polemica, con replica è soprattutto con è Franco Miracco, già portavoce di Giancarlo Galan alla Regione oggi assessore alla Cultura di Trieste, da tempo tra i fautori della rimozione e attaccato per questo da Bonami. «Ancora una volta - scrive Bonami - la codardia amministrativa e la politica del folclore, che a sua volta è folcloristica, hanno la meglio sulla vera cultura, contemporanea o meno che sia. Un lampione al posto di un’opera d’arte! Capeggia le fila della rivolta anti-rana Franco Miracco, già consigliere della Biennale di Venezia ed eminenza grigia, se non addirittura consigliere ufficiale, di vari ministri della Cultura. Secondo Miracco, che ignora più di un dettaglio, l’opera dell’artista americano è solo un segno dell’imperialismo di François Pinault, il Napoleone dell’arte contemporanea che ha occupato la Repubblica veneziana. Ma, anziché fare come il suo famoso connazionale, le opere d’arte a Venezia Pinault le porta anziché toglierle. Per Miracco questa piccola differenza poco conta. Secondo lui arricchire il patrimonio della città equivale a saccheggiarlo. Immaginate se al posto di gloriosi monumenti, tipo quello equestre di Bartolomeo Colleoni di Andrea del Verrocchio, sempre a Venezia in piazza Santi Giovanni e Paolo, un manipolo di cittadini inveleniti volesse rimettere, che so, un pozzo di marmo. Venezia è Venezia grazie al fatto che i veneziani di qualche secolo fa le opere le commissionavano ai grandi artisti e poi le tenevano regalandole alle generazioni che sarebbero arrivate dopo di loro».«A Venezia -replica Miracco - nessuno ha paura di una rana. A Venezia piuttosto c'è chi ha paura che tutta la città possa essere" stretta" così come da anni il Ragazzo "indifferente" fa con una rana che può, per davvero, rappresentare il simbolo stesso di una città al tempo della sua estrema decadenza. Venezia non vuole essere la "rana" da stritolare nelle mani di chi si compra tutto o quasi tutto, per esempio Punta della Dogana, dove ,come da bando comunale, doveva essere allestito un museo d'arte moderna e contemporanea e che invece viene utilizzata dal mercante d'arte Pinault alla stregua di un "salone" in cui vengono esposte opere di proprietà di Pinault al contempo proprietario della casa d'aste Cristhie's». Da parte sua, Ca’ Farsetti, nella nota diffusa ieri, si tiene equidistante dalla polemica.
«È evidente al Comune di Venezia - scrive l’Amministrazione – che il tema della generale tutela del patrimonio monumentale e culturale della città che ha mosso, muove e deve muovere l’azione delle diverse amministrazioni comunali su questa questione. È necessario governare e regolamentare la costante richiesta di esposizione di opere d’arte in aree pubbliche che arriva a Venezia dalle decine di enti ed istituzioni culturali e d’arte locali, nazionali ed internazionali, privati e pubblici, grandi e piccoli.
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