Province addio. Arriva la città metropolitana. Ecco come funzionerà
VENEZIA. Le Province così come le abbiamo conosciute, da ieri non esistono più. Nascono le città metropolitane, diventano più semplici le Unioni tra Comuni. Con il sì definitivo della Camera al ddl Delrio – sancito da 260 voti favorevoli, 158 contrari e 7 astenuti tra le proteste plateali di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle – il sistema delle amministrazioni locali viene ridisegnato in via transitoria in attesa della riforma del Titolo V della Costituzione, che all’articolo 114 indica le Province come elemento costitutivo della Repubblica, al pari di Comuni, città metropolitane e Regioni. Fino ad allora, le Province non scompaiono, ma si svuotano di competenze e si trasformano in enti territoriali di area vasta di secondo grado, guidati da un presidente indicato dai sindaci e dai consiglieri comunali della Provincia, il quale governa il territorio con l’Assemblea dei sindaci e il nuovo Consiglio provinciale formato da 10 a 16 componenti scelti tra gli amministratori locali. Tutti in carica senza compenso, a esclusione di quello già percepito per l’incarico principale.
Delrio: porterà risparmio «Oggi abbiamo detto basta a tremila politici nelle Province - commenta il premier Matteo Renzi - è un primo passo verso una concreta riorganizzazione dello Stato». «È una riforma vera» esulta su Twitter il sottosegretario Graziano Delrio, che dà il suo nome alla legge. Per le opposizioni, invece, il decreto non solo non abolisce le Province, ma serve a moltiplicare le poltrone. «È un golpe» accusa Forza Italia, e il Movimento 5 Stelle espone in aula quelle che indica come le vere cifre della riforma: 26.093 e 5.600, «il numero dei consiglieri comunali e di assessori in più che saranno nominati con l’entrata in vigore del ddl». Replica Delrio: «Non c’è alcun elemento di verità, nessun golpe. La riforma porterà semplificazione e risparmio. Ma loro hanno preoccupazioni di tipo politico, perché il centrosinistra ha un sacco di sindaci».
Le città metropolitane Il vero pilastro della riforma è la nascita delle città metropolitane, che il sindaco di Torino e presidente dell’Anci, Piero Fassino, saluta soddisfatto come «una prima, vera, riforma istituzionale». A partire dal primo gennaio 2015, dunque, Napoli, Milano, Torino, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Venezia e Reggio Calabria (quest’ultima dal 2016) saranno i nuovi Comuni metropolitani. A questi va aggiunta Roma Capitale, con poteri speciali. Dieci in tutto, per cominciare, a cui in futuro si uniranno Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste (serve un provvedimento delle Regioni a statuto speciale in cui ricadono). A regime le nuove 15 grandi aree territoriali sostituiranno le Province in termini territoriali. A guidarle sarà un sindaco metropolitano che, a differenza dei presidenti delle “nuove Province” potrà anche essere eletto, ma solo nel caso venga previsto da un’apposita legge. In caso contrario, il presidente coinciderà con il sindaco della principale città e non percepirà alcuna indennità aggiuntiva. La città metropolitana avrà altri due organi: il consiglio metropolitano, indicato dal sindaco, organo di indirizzo e controllo, e la conferenza metropolitana, composta dai sindaci dei Comuni del territorio, che delibererà lo statuto e avrà funzione consultiva sul bilancio. Il personale delle attuali amministrazioni provinciali confluirà nel nuovo ente. Le città metropolitane assumeranno le funzioni sottratte alle Province, dalla pianificazione territoriale generale, alle reti di servizi, alle infrastrutture, dai servizi pubblici alla viabilità, allo sviluppo economico. Secondo uno studio di Cittalia, gli effetti della riforma si faranno sentire su 18 milioni di cittadini, il 30% della popolazione italiana. Con l’inclusione dei Comuni dell’hinterland, Roma sarà l’area più popolosa, con oltre 4 milioni di abitanti, seguita da Milano (3.075.083) e Napoli (3.055.339), con un incremento medio di popolazione pari al 126%. La disciplina delle Unioni dei Comuni diventerà più semplice, con due sole tipologie: quella per l’esercizio associato facoltativo di funzioni specifiche e quello per l’esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali.
Cosa resta delle Province Fino al primo gennaio 2015 le Province continueranno a essere guidate dagli attuali presidenti che ne diventeranno – a titolo gratuito – i commissari, assieme ai 21 commissari di governo già in carica. Non si voterà quindi, per la rielezione dei 52 organi provinciali in scadenza in primavera. Le competenze verranno trasferite a Regioni e Comuni, a eccezione dell’edilizia scolastica, della pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente.
Il sindaco Orsoni euforico «Un giorno storico. Un momento di svolta nella riforma dello Stato che non vedeva grandi riforma da mezzo secolo, da quando furono istituite le Regioni». La Città metropolitana è legge dello Stato. E il sindaco Giorgio Orsoni sprizza soddisfazione. Ieri era a palazzo Chigi, a festeggiare con il suo amico Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del governo Renzi. La legge sulla nuova Città metropolitana era stata un’idea loro, quando Delrio era presidente dell’Anci. Il testo approvato ieri definitivamente dalla Camera l’ha scritto materialmente proprio Orsoni. «Ricordo che l’idea di presentare un disegno di legge era nata al termine di una riunione con Delrio», ricorda Orsoni, «che tre anni fa diede incarico al sottoscritto e alla segretaria generale dell’Anci Veronica Nicotra di predisporre un testo da presentare al governo. Così abbiamo fatto con il ministro Patroni Griffi. Il decreto era stato bocciato dalla Corte costituzionale, ma non per ragioni di sostanza. Bisognava fare un disegno di legge e non un decreto. E così abbiamo fatto». Adesso, da ieri, è proprio il sindaco Ortsoni il nuovo «sindaco metropolitano». In carica fino al 31 dicembre solo per approvare il nuovo Statuto. Dal primo gennaio 2014 la Città metropolitana sostituirà a tutti gli effetti la Provincia. Che ha avuto la durata del Consiglio prorogata con un ordine del giorno fino al 25 giugno per consentire l’approvazione del bilancio. Ma la Provincia non esiste più. La presidente Francesca Zaccariotto resterà in carica fino al 31 dicembre – senza stipendio – per l’ordinaria amministrazione. In mezzo ci potrebbe essere l’«ostacolo» dei referendum, che i comitati autonomisti intendono far svolgere in ottobre con l’appoggio della Regione guidata da Luca Zaia. «Non è possibile, sarebbe illegittimo», dice Orsoni, «e noi siamo pronti a ricorrere al Tar». Quanto alla presidente Zaccariotto, per lei ci potrebbe essere un nuovo ruolo proprio all’interno della Città metropolitana. «Le professionalità non si devono perdere», dice Orsoni. Intanto nelle prossime settimane con la convocazione firmata dal sindaco Orsoni del nuovo Consiglio metropolitano scatterà l’iter previsto dalla nuova legge, che entrerà in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. «Avrenmo un’estate di lavoro pieno», sorride il sindaco, «perché dovremo eleggere il Consiglio metropolitana e la conferenza statutaria. Lo Statuto dovrà essere approvato entro l’anno e il primo gennaio la nuova Città metropolitana entrerà in vigore». A presiederla sarà come prevede la legge – a meno di variazioni previste dallo Statuto – proprio il sindaco della città capoluogo. Che adesso vede aumentare le sue chance di essere ricandidato. Soddisfatto per l’approvazione definitiva della legge anche il deputato veneziano del Pd Andrea Martella, autore di una proposta di legge nel 2010. «La strada dele riforme è quella giusta, senza scorciatoie populiste», commenta, «finalmente si va verso il riordino degli enti locali con risparmio della spesa pubblica. Prossimo passo, l’area vasta con Padova e Treviso».
Zaccariotto amara «Si rischia la paralisi dell’ente a fronte di gravi responsabilità in materia di sicurezza viabilistica, scolastica e ambientale». Il presidente della Provincia Francesca Zaccariotto ha lanciato questo allarme a margine dell’assemblea dei presidenti delle Province che si è svolta ieri a Roma. Zaccariotto lamenta la cessazione anticipata del mandato dell’assemblea provinciale, chiedendo che invece gli organi di governo eletti democraticamente arrivino alla scadenza naturale del loro mandato. «Denuncio nuovamente il fatto molto grave di un attacco alla democrazia, nel disprezzo degli elettori che hanno espresso con un voto una scelta precisa e con regole definite». La presidente Zaccariotto aggiunge: «Ritengo grave che il consiglio venga fatto cadere anticipatamente rispetto la sua scadenza naturale. Un fatto che generalmente può accadere solo in caso di infiltrazioni mafiose o nell’ipotesi di corruzione o altri gravi altri reati penali. Ma da questo punto di vista la Provincia di Venezia, sia sotto l'aspetto politico sia gestionale, può vantare una condotta efficiente ed efficace nei risultati, nel pieno rispetto degli obblighi amministrativi e del patto di stabilità». Contro Francesca Zaccariotto e il documento inviato al Presidente Napolitano si schiera il gruppo consiliare del Partito democratico. «Abbiamo casualmente appreso, nel corso del consiglio provinciale del 2 aprile, che è stato inviato questo telegramma a nome del Consiglio e in cui si rappresentava lo sconcerto in merito alla decadenza anticipata di un organo democraticamente eletto, prevista nel decreto Delrio. Il gruppo consiliare del Pd non ha mai sostenuto questa posizione e, pertanto, denuncia la gravità di tale atto arbitrario fatto a nome di un ignaro Consiglio provinciale, che non era neppure informato di tale iniziativa. Contestiamo con forza un atto politicamente scorretto e istituzionalmente inaccettabile».
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