Pronti a partire per la Siria: perquisiti tre camerieri, a Venezia e Murano
VENEZIA. Uno di loro gestisce un’osteria a Cannaregio, uno dei luoghi della movida veneziana, mentre gli altri due in almeno un’occasione sono finiti nei controlli disposti da carabinieri e polizia per stroncare lo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti da tempo nelle mani di piccole bande di magrebini.
Giovedì, gli investigatori della Digos veneziana, su ordine del pubblico ministero antiterrorismo di Venezia Francesca Crupi, hanno perquisito le case di tre cittadini tunisini residenti nel centro storico di Venezia e a Murano, con regolare permesso di soggiorno. Il più anziano ha 40 anni, gli altri 29 e 24 anni. I controlli riguardavano soprattutto uno di loro, che però era in contatto con gli altri due: si scambiava telefonate e soprattutto fotografie di combattenti armati e miliziani dello Stato islamico.
Stando ad alcune conversazioni, uno di loro sembrava intenzionato a partire per la Siria per arruolarsi nelle milizie della jihad islamica. Solo un’intenzione, niente di concreto, almeno stando a quei discorsi, ma ora gli inquirenti hanno sequestrato file e documenti per appurare se si trattava solo di chiacchiere o se il progetto era pronto ad essere realizzato. L’inchiesta della Digos veneziana sui tre tunisini è partita dall’analisi di alcuni profili Facebook, che evidentemente hanno fatto sorgere i primi sospetti, poi sono scattati altri controlli, che hanno confermato quei primi indizi e dubbi anche grazie ad alcune intercettazioni. Sul loro conto, almeno per ora, non ci sono vere e proprie prove dell’appartenenza a organizzazioni o anche a semplici associazioni islamiche, rischiano però l’espulsione, il provvedimento amministrativo che il ministro degli Interni Angelino Alfano ha già firmato per decine di militanti e simpatizzanti islamici ai quali non sono stati contestati reati veri e propri, ma che comunque sono stati espulsi sulla base dei controlli.
La posizione dei tre perquisiti, a questo punto, potrebbe cambiare in peggio solo se gli accertamenti sui loro computer e sui documenti che avevano in casa dovesse metterli in guai peggiori. Il lavoro che in questi mesi stanno svolgendo i carabinieri del Ros e i poliziotti della Digos è soprattutto quello della prevenzione: per quanto riguarda i sospetti di terrorismo possono intercettare e controllare anche senza alcuna autorizzazione del giudice, addirittura senza avvertire le Procure. Solo quando dubbi e sospetti si trasformano in indizi, per intervenire, gli investigatori hanno l’obbligo di rivolgersi alla magistratura, così come è accaduto per i tre tunisini a Venezia e per altri in diverse città del Veneto nel passato. Un lavoro prezioso che fino ad ora ha risparmiato al nostro paese quello che invece è accaduto in altre nazioni europee a cominciare dagli attentati alla metropolitana di superficie a Madrid nel 2005, poi a Londra, a Parigi e a Bruxelles. Giorgio Cecchetti
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