Proiettili in valigia, 32enne ai domiciliari

La manager saudita è figlia di un socio della Panto. Il legale: «Era qui per fare shopping, aveva perso i bagagli a Parigi»
Di Rubina Bon

Era arrivata dall’Arabia Saudita in Italia per fare shopping e salutare il fratello che vive nel Trevigiano, si è trovata chiusa in una cella del carcere della Giudecca, accusata di detenzione di munizioni e armi da guerra. È Asma Mohamad, 32 anni, manager industriale figlia di uno dei soci della “Panto Finestre” di San Biagio di Callalta (Treviso), la donna arrestata domenica sera all’aeroporto di Tessera mentre stava facendo rientro in Arabia facendo scalo a Istanbul. Ai controlli dei bagagli a mano, il metal detector aveva rivelato che nella borsa porta computer della donna saudita c’erano due proiettili calibro 7.62 che possono essere sparati da un kalashnikov o da altre armi pesanti. Salvata nel suo cellulare, poi, la fotografia di una donna velata che imbraccia un kalashnikov e sotto la scritta “Allah Akbar”, “Dio è grande”.

Ora ai domiciliari. Dopo l’arresto di domenica sera compiuto dagli uomini di polizia di frontiera e Digos, Asma Mohamad, laureata a Oxford e appartenente a una famiglia molto potente in Arabia Saudita, era stata trasferita in carcere alla Giudecca. Ieri pomeriggio è comparsa per l’udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza che ha confermato l’arresto, decidendo poi per una misura cautelare meno pesante nei confronti della donna. Il gip ha disposto infatti gli arresti domiciliari per Asma Mohamad nella Marca, a casa del fratello che vanta anch’egli interessi nella società “Panto Finestre” (ma, così come il padre, è totalmente estraneo a questa vicenda).

La versione di Asma. Davanti al gip veneziano, la saudita ha voluto raccontare la sua versione dei fatti. «È stata collaborativa al massimo, giustificando i fatti che le vengono contestati», ha spiegato il difensore Francesco Stilo di Treviso, «Sa di non aver commesso nulla, è distrutta da questa situazione: è venuta per fare shopping e si è trovata in carcere». L’ipotesi fornita al giudice dalla donna per la presenza dei due proiettili sarebbe legata allo smarrimento dei bagagli avvenuto dieci giorni fa in aeroporto a Parigi, dove Asma Mohamad era arrivata da Riyad, capitale dell’Arabia Saudita. Dalla capitale francese, la donna era volata a Venezia e da qui aveva raggiunto un hotel di Treviso, il tutto senza bagagli che le sarebbero stati consegnati solamente il giorno successivo direttamente nella camera d’albergo dove alloggiava. Secondo la donna, proprio nel “viaggio parallelo” compiuto dai bagagli da Parigi a Venezia e poi Treviso, qualcuno avrebbe messo i due proiettili nella borsa del computer senza che lei se ne accorgesse anche nei giorni successivi.

La foto. Quanto all’immagine della donna con il kalashnikov e la scritta “Allah Akbar”, davanti al giudice la donna avrebbe spiegato che si tratta della foto di copertina di una notizia pubblicata su un profilo di una agenzia giornalistica su Instagram risalente al 2015 e che era stata conservata nella memoria del cellulare. Era stata salvata di proposito o è stata visualizzata e poi è rimasta in memoria? E quale significato va dato alla presenza di quell’immagine? A queste domande dovranno rispondere le indagini.

La perizia. La pm Carlotta Franceschetti disporrà nelle prossime ore una perizia sui proiettili per stabilirne i possibili usi. Al setaccio anche il cellulare, il pc, le schede di memoria. Al momento le indagini sono seguite dalla Procura ordinaria e non dall’Antiterrorismo. Il procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito assicura: «Valuteremo tutto».

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