Progetti del Mose in mostra protestano le associazioni

Lettera aperta al presidente della Biennale e al rettore Iuav. «Iniziativa che infastidisce, vogliamo uno spazio per spiegare la storia di un progetto sbagliato»

L’ecomostro c’è. Tanto vale “rivestirlo” e renderlo più accettabile dal punto di vista paesaggistico. Era più o meno questo il ragionamento che stava dietro la presentazione dei “progetti di mitigazione del Mose” dello Iuav, presentati nel 2004 al Consorzio Venezia Nuova e solo in parte finanziati e realizzati. Adesso quei progetti saranno esposti alla Thetis nei giorni della Biennale architettura. E continuano a generare polemiche. Una lettera aperta è stata inviata ieri al presidente della Biennale Paolo Baratta e al rettore dello Iuav Alberto Ferlenga. È firmata dalle associazioni Ambiente Venezia, Sale Docks, Laboratorio Morion, Comitato No Grandi Navi. Che chiedono di “rimediare” a questa decisione, dando la possibilità anche alle associazioni di esporre «gli innumerevoli studi e progetti alternativi al Mose, le critiche inascoltate alla grande opera, i materiali dell’epoca su mobilitazioni e proteste».

«Siamo coloro che in epoca non sospetta si opposero al Mose, grande opera inutile e dannosa», scrivono, «altre soluzioni erano state proposte ma il monopolio della concessione unica al Consorzio Venezia Nuova ha impedito qualsiasi confronto scientifico a suon di mazzette, fondi e neri e anche querele, come al compianto Carlo Ripa di Meana e agli autori di progetti alternativi». «Gli arresti del 4 giugno 2004 ci hanno dato ragione», continua la lettera, «ma si continua pervicacemente a sostenere che la grande opera va conclusa senza controlli tecnico scientifici indipendenti».

«Adesso apprendiamo», continuano le associazioni, «che si vogliono mettere in mostra quei progetti, alcuni bocciati dalla Soprintendenza, che avrebbero dovuto abbellire l’ecomostro trasformandolo in Moseland».

La spesa, 650 mila euro di soldi pubblici. Una convenzione che secondo i comitati dimostra come «il dominus dell’epoca Mazzacurati si fosse in qualche modo accaparato il consenso dell’Ateneo veneziano». «Iniziativa che infastidisce», concludono le associazioni, «e per questo chiediamo anche noi uno spazio in nome della par condicio. Sarebbe una occasione di riscatto morale e scientifico per le istituzioni culturali veneziane che all’epoca, invece di stimolare il confronto e il dibattito in città, si piegarono in qualche modo al potere criminale del Consorzio Venezia Nuova».

La Biennale, da parte sua, precisa di essere assolutamente estranea all’iniziativa. «Non è nemmeno una mostra collaterale», dicono, «si svolge negli stessi giorni e basta».

Gli interventi paesaggistici, che i comitati avevano definito all’epoca «le mutande del Mose» riguardano l’«abbellimento» delle spalle in cemento sui moli foranei e in particolare della grande isola artificiale – 13 ettari – costruita davanti al bacan di Sant’Erasmo per ospitare gli edifici e le centraline di controllo. Ma anche il ritocco dei confini dei porti rifugio e delle infrastrutture alle bocche di porto di Chioggia e Malamocco, nuovi fari, piste cilclabili e posti barca, passeggiate tra gli alberelli.

Opere necessarie secondo i proponenti: l’architetto Carlo Magnani, ex rettore Iuav, Alberto Cecchetto, progettista degli edifici di Thetis e della nuova sede del Consorzio in Arsenale, Aldo Aymonino e l’attuale rettore dell’Istituto universitario di Architettura Alberto Ferlenga. Progetti in mostra. Ma contestati dai comitati antiMose.

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