«Profughi nelle palestre delle scuole»
Spunta l'ipotesi di utilizzare le palestre delle scuole superiori per ospitare i migranti. Nel Veneto Orientale non ci sarebbero molte altre soluzioni e le reazioni non si sono fatte attendere. «Se li mandano nelle palestre delle scuole siamo pronti a murarle»: il sindaco di Musile, commissario provinciale della Lega e neo consigliere regionale Gianluca Forcolin come al solito non usa mezzi termini.
In questi giorni in cui è previsto l'arrivo di nuovi migranti, almeno un centinaio in Veneto, il Veneto Orientale è sotto i riflettori. Jesolo ed Eraclea Mare non ne possono più ricevere. Lo stesso vale per Bibione. Ieri i sindaci della costa veneziana si sono incontrati a Eraclea Mare e tutti si sono trovati d’accordo sul fatto che le località turistiche, a stagione iniziata, non possono reggere questo peso. Ecco allora che entra in gioco l'entroterra del Veneto Orientale e Veneziano in genere. Si parla di caserme dismesse, ipotesi complessa e costosa, oppure di palestre delle scuole provinciali, quindi delle scuole superiori, ipotesi confermata del prefetto. «Nessuna delle due strade è percorribile», replica Forcolin. «Le palestre delle scuole dismesse, ad esempio, sono inagibili per feste o iniziative di associazioni, non vedo perché potrebbero essere agibili per i migranti. Se fossero prese in considerazione le palestre di competenza provinciale in genere noi saremo davanti con i mattoni per chiuderle e murarle: l’ipotesi non è accettabile e lì i profughi non devono entrare. Quanto alle caserme, prendere in considerazione la Tombolan-Fava o quella di Meolo, non vuol dire trovare un sito per 100 o 200 persone, ma mille, duemila o tremila, un'invasione. La prefettura, infatti, non considera tanto le parti coperte, ma gli spazi aperti sui quali posare i moduli abitativi che possono essere tantissimi e ospitare migliaia di persone ammassate».
Intanto, l'esito dei controlli con il sindaco di San Donà, Andrea Cereser, ha confermato che l’ex caserma di artiglieria contraerea Tombolan-Fava, allo stato attuale, è inutilizzabile per l’accoglienza di profughi. Il sopralluogo è stato effettuato ieri mattina dal prefetto Domenico Cuttaia nella caserma dismessa da ormai 15 anni. Convocati, oltre all’amministrazione comunale di San Donà, anche rappresentanti dell’Agenzia del Demanio, cui appartiene la struttura, dell’ Asl 10, dei carabinieri, dei vigili del fuoco, oltre a un ufficiale che aveva prestato servizio nella caserma quando ospitava il 5° Reggimento Missili. A rappresentare l’amministrazione, il sindaco Andrea Cereser, assieme al vicesindaco, Luigi Trevisiol, e l’assessore alle opportunità sociali, Maria Grazia Murer.
La struttura, che si distribuisce su una superficie di circa 87mila metri quadri, di cui ben 12mila coperti, si presenta in stato di gravissimo abbandono e in buona parte invasa dalla vegetazione. Oggi si notano evidenti i segni di atti di vandalismo e furti di materiali subiti nel periodo trascorso dalla sua chiusura. «La struttura non è stata giudicata in condizioni di accogliere profughi», ha detto alla fine del sopralluogo il sindaco Cereser, «sono completamente assenti fognature e condotte dell’acqua efficienti, necessarie per una sistemazione in tempi brevi e non ci sono le condizioni per interventi così ampi di ristrutturazione in situazione di emergenza. Oltretutto l’abbondante presenza di amianto nelle coperture e, in genere, negli edifici, renderebbe complessa la messa a norma della struttura anche in una prospettiva di lungo periodo».
Intanto il prefetto si è incontrato nuovamente ieri con i sindaci di San Donà, Portogruaro e Dolo per informarli della nocità delle scuole, sulle quali comunque non hanno competenza.
Giovanni Cagnassi
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