Profughi in altri Paesi, stop all’emergenza: a Mirano diventano volontari
MIRANO. I profughi in città diventano volontari e si occuperanno di piccoli lavori e manutenzioni per conto del Comune. Il tutto mentre il saldo dei rifugiati è stabile, dato che finalmente i numeri di quelli inviati negli altri Paesi d’Europa diventano importanti. L’accoglienza supera così la fase emergenziale e per la prima volta in provincia sarà consentito ai migranti di essere impiegati per la collettività. La firma dell’accordo è avvenuta lunedì tra il prefetto Domenico Cuttaia e il sindaco Maria Rosa Pavanello, con associazioni e cooperative che gestiranno l’impiego dei profughi-volontari.
Cuttaia, che poi ha voluto visitare le strutture di accoglienza miranesi, fa capire che è l’inizio di una nuova fase: «Un modello da esportare e ci stiamo già lavorando con altri comuni: Mira, San Donà, Salzano, Dolo, la stessa Venezia», spiega, «a Mirano questo è possibile grazie a una stabilizzazione del fenomeno: accoglienza diffusa e per piccoli numeri e soprattutto nessun problema di ordine pubblico connesso alla presenza di migranti. Questo ci consente di soddisfare due esigenze, quella dell’ospitalità e quella di dare risposta alle legittime preoccupazioni dei cittadini».
Cuttaia è convinto che, fatto questo passaggio, quello dei profughi possa cessare di essere percepito come un problema, a patto che la gestione dell’accoglienza soddisfi alcuni requisiti. E snocciola i dati: da tabellario, la prefettura affida a Mirano l’accoglienza di 47 persone, oggi in città trovano però ospitalità 41 stranieri provenienti dalle missioni Mare Nostrum e Triton e altri 21 del progetto Sprar, riservato ai rifugiati. Ben oltre, dunque, la quota stabilita.
«Eppure qui non ci sono stati problemi di sorta», fa notare Cuttaia, «anzi in città nessun reato è stato ricondotto alla presenza di stranieri ospitati nelle strutture di accoglienza». Anche qui, lo supportano i dati: a Mirano, da gennaio a settembre i furti sono diminuiti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno da 572 a 432 (da 152 a 135 quelli in casa), le rapine da 5 a 2, i danneggiamenti da 102 a 73.
Se dunque la presenza di profughi non è un problema di sicurezza, la sfida è andare oltre: «Mettendo queste persone in condizione di portare un piccolo contributo allo sviluppo economico e sociale della comunità che li ospita. È una risposta anche a chi non condivide la politica nazionale di accoglienza». Per Pavanello: «I cittadini credono più giusto coinvolgere i orofughi e mi piace pensare che con questo progetto noi permettiamo anche a queste persone di conoscere la realtà locale e la nostra cultura».
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