Professore diventato donna, per il giudice sospensione giusta
Dal professor Luca Bianco alla biondissima Cloe il passo è stato breve. Troppo. Il docente dei geometri, originario di San Donà, si è presentato da un giorno all’altro in abiti e curve assolutamente femminili e quando è scattata la sospensione da parte della scuola ha deciso di presentare ricorso per far valere le sue ragioni. Ma il giudice del lavoro lo ha respinto. Non perché ha indossato minigonna, corredata da unghie laccate e parrucca, ma perché il suo comportamento non era stato “responsabile e corretto”. Giusto il provvedimento disciplinare che ha portato alla sospensione per tre giorni, secondo il presidente del tribunale del lavoro di Venezia, Luigi Perina, il quale ha posto l’accento sui tempi e i modi in cyi ha comunicato a dirigenti, colleghi e studenti, il suo cambio di genere.
La sua scelta identitaria, in ogni caso, viene ritenuta assolutamente legittima. «Se tempi e modi di tale scelta fossero stati attuati diversamente», scrive il giudice nella sentenza, «questa sarebbe stata responsabile, corretta e consona alla funzione di docente». Luca Bianco-Cloe informò improvvisamente il dirigente scolastico della nuova scelta e di come si sarebbe presentato a scuola. Due giorni dopo entrò in classe e parlò tranquillamente con gli allievi, inizialmente sbigottiti davanti a quella visione, perché magari avevano sospettato qualche sua tendenza femminile, ma non fino a quel punto. Con maturità inaspettata, però, erano stati proprio gli studenti ad accogliere di buon grado il suo outing, tranne il caso di una studentessa che ebbe una reazione scomposta.
Suo padre scrisse all’assessore regionale all’istruzione, Elena Donazzan, per raccontare ciò che riteneva “una carnevalata” e il fatto che nessuno fosse al corrente del cambio identità. «La scuola», dice la Donazzan, «è un luogo protetto e va preservato. Approvo la decisione del giudice e continuo a pensare che un insegnante debba essere coerente: se maschio è maschio, se femmina è femmina».
Il giudice ha ritenuto validi i motivi della sospensione dovuti all’insubordinazione, all’invito del dirigente a rinviare la scelta, la scarsa attenzione all’impatto sugli studenti, quindi la pretesa di farsi chiamare con un nome diverso da quello legale anagrafico. Cloe nel frattempo informa sui social di tutti i progressi della nuova identità e le sue conquiste, come il cambio di nome sulle bollette.
In realtà una sentenza sul campo fu emessa poche settimane dopo l’outing dagli stessi studenti. In particolare, un gruppo di studentesse che avevano raccolto le firme contro Cloe e non per la sua scelta di genere, ma per il suo modo di abbigliarsi. Le ragazze della scuola avevano evidenziato due pesi e due misure nei loro confronti. Le studentesse erano state rimproverate per le gonne corte, il trucco eccessivo, lo smalto volgare, non la professoressa Cloe, il fu Luca Bianco. Una raccolta di firme che ha sortito il suo effetto, mettendo in evidenza che la professoressa poteva sì cambiare genere e sesso, ma nel rispetto della femminilità e dell’eleganza, esattamente come richiesto alle studentesse della scuola dai loro docenti.
Giovanni Cagnassi
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