"Prezzo chiuso, favore al Consorzio"
VENEZIA.Doveva essere un provvedimento per il controllo della spesa. Invece ha consentito al Consorzio Venezia Nuova di aumentare di un bel po’ i suoi già notevoli introiti. «Il prezzo chiuso? Fu una decisione molto favorevole al Consorzio», ha dichiarato l’imputato-supertestimone Piergiorgio Baita davanti ai giudici all’udienza sul Mose del 7 luglio scorso.
Nuove clamorose verità emergono nelle pieghe del processo sulla grande opera finanziata dallo Stato, trasformata negli anni in grande fonte di tangenti e guadagni illeciti.
Adesso i riflettori sono accesi sul meccanismo che grazie alla sapiente regìa del padre-padrone del Mose Giovanni Mazzacurati – ora negli Stati Uniti dopo essere stato arrestato e aver collaborato con i giudici dell’inchiesta – ha consentito al Consorzio di far soldi a palate.Li ha riaccesi la Corte dei Conti, che a molti imputati «eccellenti» già coinvolti nel processo ha chiesto la restituzione di 61 milioni di euro come «maggiori costi» per le forniture dei sassi del Mose. E alla base di quell’inchiesta ci sono proprio le delibere sul «prezzo chiuso». «In teoria era una necessità dovuta alla Legge Obiettivo», ha detto in aula Baita, «in realtà è stato un grande favore fatto al Consorzio».
Si capisce allora come i costi della grande opera siano balzati in pochi anni da circa 3 miliardi di euro a 5 miliardi e mezzo, gestione e manutenzione escluse. Il 7 aprile del 2005 il Magistrato alle Acque presieduto da Maria Giovanna Piva approva la nuova convenzione che prevede appunto il «prezzo chiuso». Costi non più calcolati «a misura», spiega ai giudici lo stesso Baita, ma a corpo. Con l’aggiunta però della cosiddetta «alea». Nel caso di specie il 18 per cento, cioè qualcosa come 600 milioni di euro. Il «prezzo chiuso» in realtà non sarà per niente bloccato. Viene aggiornato quattro anni dopo, nel 2009 - presidente è adesso Patrizio Cuccioletta – per arrivare a 4 miliardi e 200 mila euro. L’anno successivo, sempre Cuccioletta, coinvolto e arrestato come la Piva nell’inchiesta Mose, decide il nuovo aggiornamento dei prezzi. Il Mose non costa più 4 ma 5 miliardi e mezzo di euro. Si è passati di colpo dalla previsione di spesa di 4271 milioni a 5493. Sono state aggiunte gli aggiornamenti prezzi dei materiali (406 milioni), «richieste di altri enti», cioè le compensazioni ambientali affidati allo Iuav (206 milioni), le «richieste della Ue», 199 milioni per le infrazioni accertate alle Direttive europee sulla costruzione dei cantieri in aree tutelate. A chi serviva quel «prezzo chiuso»? Al Consorzio, ha spiegato Baita, che all’epoca era il presidente della Mantovani, cioè la maggiore impresa che faceva parte del pool e ne otteneva i lavori in percentuale. Consorzio che già godeva di un margine del 12 per cento su ogni lavoro. E applicava prezzi molto superiori a quelli di mercato, come accertato dalla Corte dei Conti e dalla Guardia di Finanza. A far approvare le delibere i due presidenti sotto accusa, Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta, voluto a Venezia nel 2000 da Mazzacurati, poi allontanato dal ministro Nerio Nesi per lo scandalo di Torcello, le rive in cemento che avevano sollevato grazie anche alle inchieste della "Nuova" uno scandalo internazionale. Allora Mazzacurati in accordo con Giancarlo Galan aveva chiesto al governo di avere come presidente la Piva, poi sostituita nuovamente da Cuccioletta. Secondo quanto dichiarato da Baita in aula, sia Piva che Cuccioletta godevano di «stipendi aggiuntivi» corrisposti dal Consorzio e dalle imprese. Alla Piva, ha raccontato Baita in aula, Mazzacurati aveva anche assegnato il collaudo dell’ospedale di Mestre (300 mila euro), dopo che il Passante era stato affidato al vicepresidente Giampietro Mayerle (un milione e mezzo di euro). In cambio al Consorzio è rimasto il prezzo chiuso. E maggiorato.
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