«Presi a calci e pugni dai poliziotti in barca»

«I poliziotti mi hanno trascinato in barca, preso a pugni e calci e tenuto con la faccia in giù, ammanettato e immobilizzato da un loro collega che mi teneva ferme le gambe». Ieri in aula, davanti...
«I poliziotti mi hanno trascinato in barca, preso a pugni e calci e tenuto con la faccia in giù, ammanettato e immobilizzato da un loro collega che mi teneva ferme le gambe». Ieri in aula, davanti alla giudice monocratica Sonia Bello, la verità di Tommaso De Michiel, classe 1986, che ha ricordato il presunto pestaggio subìto nella notte tra il 1 e il 2 aprile 2009 prima in calle dei Cereri e poi in Questura da alcuni agenti.


A processo ci sono sia i cinque poliziotti di pattuglia quella notte - Roberto Bressan, Raffaele Boccia, Guerrino Paolilli, Marco Cristiano e Andrea Patisso - accusati a vario titolo di percosse e lesioni, ma anche Tommaso De Michiel e il fratello maggiore Nicolò, imputati a loro volta dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e ingiurie. Tutti sono dunque sia imputati che parti offese.


Quella notte i due fratelli stavano tornando a casa quando si erano messi a litigare. Qualcuno aveva chiamato il 113 ed era arrivata la polizia. A questo punto le versioni dei ragazzi e degli agenti divergono decisamente. I poliziotti hanno sempre sostenuto che i due erano in stato di ubriachezza (ma il giudice di pace aveva dato ragione a Nicolò De Michiel che aveva presentato ricorso) e che avevano cominciato già dal momento in cui erano stati caricati in barca a dimenarsi e a colpire i poliziotti. Diverso quanto raccontato in aula ieri prima da Tommaso e dopo da Nicolò. Tommaso in aula ha assicurato che quella notte, attraverso il fratello che aveva specificato di essere figlio di un poliziotto, aveva fornito le generalità agli agenti e che successivamente era salito in barca per andare in Questura. «Ho preso pugni mentre ero immobilizzato in barca, e anche calci visto i lividi che poi mi ero trovato sulla schiena. Io mi divincolavo ma avevo le gambe bloccate. Sono passati quasi dieci anni ma certi ricordi restano cristallizzati». Durante il viaggio, ha raccontato Tommaso che Cristiano lo teneva fermo per le caviglie mentre Paolilli gli avrebbe sferrato un pugno. Boccia, invece, avrebbe bloccato la testa del giovane tra le sue gambe. Sarebbe arrivato anche un calcio che aveva causato a Tommaso la rottura di una costola.


Arrivato in Questura, il ragazzo ha riferito di essere stato colpito con un calcio ai testicoli dall’agente Paolilli - «Forse stavo inveendo contro le forze dell’ordine», ha detto - mentre il collega Cristiano gli avrebbe premuto la faccia sul ghiaino. «Dopo quell’episodio ho avuto attacchi di panico, insonnia, e ho dovuto assumere tranquillanti», ha raccontato Tommaso riferendo anche che, per il calcio ai testicoli, era rimasto claudicante per più di 40 giorni. Nicolò ha ricordato di essere stato anch’egli ammanettato durante il viaggio in barca poiché «non ero riuscito a calmare mio fratello. Quando siamo arrivati in caserma, il poliziotto ha preso le manette per la catena e mi ha tirato, provocandomi ematomi ai polsi. Poi sono stato portato nella sala fermi. Sentivo mio fratello che urlava e ansimava». Una versione dei fatti, questa, sempre smentita dai poliziotti.


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