Povertà a Venezia: 500 in strada 1.800 con la tessera della Caritas
MESTRE. Abbiamo provato a dare una consistenza numerica alla “cittadella della povertà” annunciata, per delocalizzare in periferia le mense per poveri del centro di Mestre, dal sindaco Luigi Brugnaro, e stoppata dal giudizio fortemente critico del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. Un progetto che fa discutere.
Cinquecento sulla strada. Sono 500 le persone che vivono sulla strada, seguite dal nuovo modulo organizzativo, messo in campo dall’amministrazione di centrodestra, e affidato in appalto a Casa dell’Ospitalità di Mestre e cooperativa Coges. Cinquecento persone che mangiano nelle mense per i poveri. A Mestre in poche centinaia di metri ce ne sono tre: Ca’ Letizia, gestita dalla San Vincenzo, che ha visto aumentare i pasti giornalieri da 130 a 150; la mensa dei Cappuccini che distribuisce un altro centinaio di pasti giornalieri e quella di Altobello dei padri Somaschi. Sono la cosiddetta punta dell’iceberg della povertà.
Numeri in difetto. Tante situazioni restano nascoste; altri sopravvivono con il minimo vitale concesso dal Comune. Capita spesso al market di vedere persone anziane in difficoltà a pagare una piccola spesa, perché i soldi sono contati. Ci sono poi storie sussurrate, come quella del ragazzo nordafricano che dorme da mesi all’interno di un cassonetto della raccolta differenziata a Favaro, zona via Altinia.
Il sistema Caritas. La Caritas veneziana gestisce 3 mense (una a pranzo, due a cena): due sono a Venezia (Betania e Tana), una a Marghera. Complessivamente le tre strutture assicurano 180 circa pasti al giorno; dalle 8 alle 10 le docce al giorno per 5 giorni la settimana alla Tana; tre i dormitori (2 maschili da 24 posti e uno femminile da 14 posti); un pensionato per persone autonome con progetto dei servizi sociali (35 posti) e tre monolocali.
1.800 tessere. La Caritas veneziana spiega che in città ci sono 1.800 tessere per 1.800 persone che usufruiscono di mense, docce e dormitorio messi a disposizione dalla rete caritatevole. Circa 500 le famiglie seguite, a cui vengono garantite borse con la spesa.
Il polo di Carpenedo. Un altro grande centro della carità è a Carpenedo dove opera il polo solidale del don Vecchi, creato da don Armando Trevisiol. Una realtà che si occupa di famiglie italiane e straniere e che conta dai 50 ai 60 mila contatti l’anno. C’è chi si va a vestire ai magazzini San Martino, chi prende frutta e verdura al chiosco. Ci sono gli anziani che ogni prima e terza domenica del mese vanno a mangiare al “Senior Restaurant”. Del resto, dai dati delle dichiarazioni dei redditi del 2014, si contavano 164 mila veneziani che avevano dichiarato redditi sotto i 10 mila euro l’anno, la soglia della povertà economica.
I servizi comunali. La giunta Brugnaro ha confermato i servizi di accoglienza notturna, le aperture del Centro diurno a Ca’ Letizia e del Drop-In in via Giustizia, l’assistenza medica offerta dalla Croce Rossa, dalla Croce Verde e dal centro Emergency di Marghera, i punti di distribuzione di coperte e di vestiti, il servizio di consulenza legale, le opportunità di ristoro per colazione, pranzo e cena. Gli interventi di strada sono affidati ad una équipe di operatori che forniranno ai senza dimora bevande calde e generi di prima necessità, ma anche un kit di sopravvivenza, con coperte. Segnalazioni di casi da seguire si possono fare utilizzando il numero verde 800-589266.
La Casa dell’ospitalità ha ricavato al suo interno 24 posti più 10 per i senza dimora. Si sono persi invece gli oltre 30 posti aggiuntivi creati al centro Rivolta di Marghera. La cooperativa Caracol, che per anni ha gestito il servizio, ora è rimasta senza contratto.
Otto delle persone che vivono nella Casa di via Spalti oggi hanno un contratto a tempo determinato e fanno i mediatori con i senza fissa dimora. Al servizio docce, da gennaio, sono passate 560 persone. Il Centro diurno di Ca’ Letizia da marzo a ottobre ha contattato 1.953 persone in 108 giorni di apertura straordinaria.
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