Posto di polizia e negozi nei container
Una no tax area, un presidio fisso delle forze dell’ordine, negozi nei container lungo via Antonio da Mestre e spazi - edifici e aree verdi - dati in affido ai comitati di cittadini. E’ un progetto ricco di proposte quello elaborato dall’associazione Mestre Second Life, già consegnato alla giunta e da metà aprile oggetto di discussione anche dai consiglieri comunali, in una specifica commissione. Un fascicolo di mappe e schede di 13 pagine per non arrendersi all’idea che l’area dell’ex Umberto I debba rimanere nel degrado per altri dieci anni.
«Il nostro è un progetto che procede passo per passo», spiega Maria Paola Orlandini del comitato, «e che prevede una fase transitoria di recupero in atteso che parta il progetto privato». Per riqualificare l’area - sono convinti quelli dei comitati - non c’è altra situazione. Il progetto è un percorso le cui tappe sono la sicurezza, il recupero urbano il commercio e l’utilizzo degli spazi da parte di comitati e associazioni. E per cabina di regia un Urban Lab - la cui attivazione sarebbe a un passo - con sede al centro Candiani e con la partecipazione di personale del Comune, del comitato, e soprattutto di due studenti del Master in rigenerazione urbana dello Iuav che hanno già dato la loro disponibilità.
La carne al fuoco è tanta, partiamo dalla sicurezza. I promotori del comitato immaginano un presidio fisso di forze dell’ordine da insediare all’ex ingresso merci dell’ospedale a lato della stradina di ingresso al parcheggio, lato via Einaudi. C’è poi l’aspetto del commercio, con due proposte. La prima prevede una pressione fiscale più lieve sui negozi che gravitano su via Circonvallazione, e via Antonio da Mestre. Si può? A Ravenna l’hanno fatto dove è stato promosso un pacchetto di agevolazioni fiscali per i negozianti colpiti da un vasto cantiere, in piazza Kennedy: zero Tari per un anno. Quelli di Second Life si sono guardati in giro e hanno pescato idee da cucire all’area dell’ex ospedale.
La detax area da Ravenna, i negozi nei container da Buenos Aires, da Zurigo o da Berlino o, per restare più vicini a casa, da Rimini. Detta così può sembrare assurdo. Ma sono le storie di questi luoghi - e le immagini degli allestimenti - a spiegare che non è così, e che non solo può essere di moda fare la spesa in un container, ma anche che una casa di moda può trovare redditizio, non solo sul piano dell’immagine, farsi promotrice del recupero di un’area difficile di una città. Sì, ma dove li mettiamo? L’area dell’ex Umberto I è privata e non si possono fare i conti senza l’oste. «È vero», spiega Orlandini, «ma noi pensiamo di metterli lungo via Antonio da Mestre».
L’idea, a dire il vero, sarebbe quella di portare all’ex ospedale - questa volta dentro le mura - anche il mercato settimanale, ma in questo caso la giunta ha già fatto sapere di essere contraria. Interventi di recupero urbano, interventi reversibili che potranno essere rivisti quando - già, quando? - partirà il progetto della Dng, i cui rapporti con l’amministrazione sono tesi da mesi. E poi gli spazi verdi e gli immobili da destinare ai comitati, alle associazioni. Il motto, come accade sempre in questi casi, è: vivere i posti per allontanare spaccio e degrado.
«Sono progetti già avviati in altre realtà, e che hanno funzionato», spiega Alessandro Calzavara, l’urbanista che ha firmato il progetto. Prendiamo il caso dell’ex Cup. «Ci sono associazioni come Telefono amico, la Mestrina Nuoto, Viva Piraghetto o noi stessi in cerca di una sede», spiegano i volontari dell’associazione, «perché non pensare di utilizzare questi spazi, di cui le associazioni si potrebbero prendere cura?».
Sul piatto ci sono anche una serie di altri interventi puntuali come la sistemazione delle recinzioni, la messa in sicurezza dell’uscita dal parcheggio in via Circonvallazione, la maggiore illuminazione. Le proposte sono sul piatto, ma per molte di queste servono soldi. E il Comune dovrà decidere se crederci o meno.
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