«Possibile reiterazione del reato», ecco perché Galan deve restare in carcere
VE NEZIA. La possibile reiterazione del reato: questa una delle motivazioni che hanno portato il tribunale del riesame a confermare l'arresto in carcere per Giancarlo Galan, coinvolto nell'inchiesta Mose per l'ipotesi di corruzione. Le motivazioni del mancato accoglimento delle richieste avanzate dalla difesa dell'ex governatore veneto, una settantina di pagine, sono state depositate oggi.
La sezione dei riesame del tribunale di Venezia, presieduta da Angelo Risi, nella parte finale della motivazione scrive che in questa fase «solo la misura massima è in grado di determinare la cessazione di qualunque possibilità di reiterazione». «I fatti sono gravissimi, reiterati e perduranti nel tempo - è detto poco prima riguardo alla misura da adottarsi nei confronti dell'indagato -, le esigenze cautelari di eccezionale gravità e quindi tali da imporre, nell'immediatezza, l'applicazione di una misura che costituisca ed integri una effettiva, netta, reale e definitiva cesura dall'ambiente in cui sono maturati i fatti».
«Esigenza - è detto ancora - che gli arresti domiciliari non sono in grado di garantire, preso atto della vasta ragnatela di interessi complicità e colpevoli connivenze che hanno accompagnato il Galan nell'intera vicenda». Secondo il collegio del riesame, le condizioni fisiche dell'ex governatore «non sono tali da integrare una condizione di incompatibilità con il regime carcerario come comprovato dal fatto che la misura massima gli è stata applicata dopo la sua dismissione dall'ospedale in cui era ricoverato. Le residue esigenze di cura sono già state tutelate con il suo inserimento in una struttura medico carceraria in grado di garantirgli una costante attenzione».
Coinvolto l’intero gruppo familiare . «La difesa - è scritto - ha a lungo perorato la concedibilità al proprio assistito, quanto meno, degli arresti domiciliari indicando una pluralità di possibili soluzioni, tra le quali una presso la madre in Treviso ed una in Padova, ospite del fratello». Per il collegio «è condivisibile una presa di distanza dall'immobile di Cinto Euganeo che deve essere, allo stato, considerato provento di reato», ma ricorda che fra i documenti prodotti dai Pm, nel corso dell'udienza, figura una annotazione di polizia giudiziaria relativa a una conversazione, del gennaio 2011, fra Giovanni Mazzacurati e il fratello di Galan, Alessandro, relativa alla sollecitazione di un contributo di 20mila euro da parte dell'allora presidente di Cvn per un convegno «precisando che questo contributo è del doppio rispetto a quello dell'anno prima».
«Ne deriva - è scritto nella motivazione a firma del presidente Risi - che non solo Galan, ma il suo intero gruppo familiare sia in qualche modo coinvolto in situazioni di scarsa trasparenza con il Mazzacurati i cui interessi imprenditoriali erano certamente del tutto estranei al campo medico». Da qui, l'indicazione della conferma dell'arresto in carcere del parlamentare di Fi.
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