Penna sparita in municipio, l’ex assessore silurato: «Infamante darmi del ladro»
Il caso a Portogruaro. Scavo svela i particolari della sua cacciata: «Il sindaco mi aveva proposto tre opzioni. Ho chiesto la mozione di sfiducia per rendere pubbliche le accuse ma poi me l’ha negata»

Mattia Nicolò Scavo non molla, e accusa tutti i vertici dell’amministrazione dopo lo scoppio del “pennagate”: il licenziamento di Scavo in seguito alla sparizione della penna d’oro del collega di giunta Michele Lipani, penna poi riapparsa sul taschino dello stesso Scavo. Ora l’ex assessore se la prende con il sindaco Luigi Toffolo.
Scavo sostiene che il primo cittadino gli aveva prospettato la presentazione in consiglio comunale di una mozione di sfiducia, salvo poi cambiare idea.
«Voglio specificare che in occasione del decreto di revoca emesso nel trambusto e nel turbinio ingenerati dalle false accuse di ladrocinio il sindaco Toffolo», svela Scavo in una lettera aperta agli elettori, «mi prospettò tre strade alternative: le dimissioni volontarie; la mozione di sfiducia in Consiglio Comunale, la revoca. Ritenendomi completamente estraneo ai fatti e persona offesa e danneggiata dal reato di diffamazione scelsi la via della mozione di sfiducia in modo che tutti quanti si assumessero pubblicamente la responsabilità delle proprie decisioni. Il sindaco, tuttavia, fu categorico nel negarmi la possibilità da lui stesso rappresentata, dicendomi chiaramente che non poteva permettere che la vicenda giungesse all’attenzione del consiglio. Lascio a voi tutti la valutazione, anche politica».
Nella sua lettera Scavo ne ha per tutti. «Le dichiarazioni rese da Leonardo Barbisan, tali per cui egli intenderebbe difendermi fino alla morte e che non fosse a conoscenza del contenuto delle diffamanti notizie sul mio conto suscitano perplessità anche perché non corrispondono in alcun modo al vero; semmai è vero l’esatto contrario avendo egli puntato sin da subito il dito contro di me spingendomi a rassegnare le dimissioni in sede di ultima riunione di maggioranza il 6 marzo scorso. Il fatto che ora proprio Leonardo sia in lizza e scalpiti per ottenere le deleghe a me revocate deve fare riflettere».
E anche il consigliere regionale Fabiano Barbisan, il suo ultimo padre putativo, finisce nel mirino: «Da un lato Fabiano dice di aver caldeggiato il mio nome tanto che viene ritenuto mio padre politico, dall’altro mi ritiene un fallimento personale, il tutto naturalmente dimenticandosi della strenua difesa che apprestai per lui nell’ormai celebre caso delle dichiarazioni rese a “Focus” e che gli costarono l’espulsione dal partito».
Lunedì c’è consiglio comunale, e sarà un appuntamento decisivo per cercare di fare chiarezza.
«Chiediamo al sindaco», scrivono i consiglieri di opposizione Bertoncello, Arreghini e Drigo, «cosa significa che la revoca è finalizzata a garantire la serena prosecuzione del mandato? Cosa significa che la revoca non ha nessun carattere sanzionatorio? Cosa ha reso la convivenza della giunta non serena?».
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