Porto Tolle, Greenpeace in azione a palazzo Ferro Fini

Protesta degli ambientalisti contro il carbone. Ma i lavoratori della centrale non gradiscono: "Una pagliacciata"
VENEZIA. Attivisti di Greenpeace hanno dato vita a una manifestazione sul Canal Grande davanti alla sede del Consiglio regionale del Veneto a Palazzo Ferro-Fini, a Venezia, in occasione della riunione del consiglio che oggi affronterà la proposta di modifica della legge sul parco del Delta del Po che dovrebbe riaprire la strada al progetto di riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle.


Gli attivisti hanno ormeggiato davanti all'edificio un'imbarcazione carica di carbone, con un messaggio indirizzato al presidente Luca Zaia scritto su uno striscione di cinque metri: ''Il carbone pulito non esiste''. Gli attivisti hanno eretto dinanzi alla sede del Consiglio una sorta di ciminiera alta tre metri ed esposto un secondo striscione, su cui si legge ''Il futuro secondo Zaia? Nero come il carbone''.


Greenpeace contesta il progetto di modifica della legge che regola la presenza di centrali termoelettriche nel territorio del Parco del Delta del Po. Tale modifica - è detto in una nota - potrebbe rilanciare il progetto di conversione a carbone della vecchia centrale a olio combustibile di Porto Tolle, già bocciato dal Consiglio di Stato.


''Quella in discussione oggi a Palazzo Ferro-Fini è una norma 'ad aziendam' che darebbe modo all'Enel di produrre elettricità attraverso la fonte più inquinante e nociva per il clima, impattando su un'area protetta, quella del parco del Delta del Po, e su larga parte del Nord Est e della pianura Padana - commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace - Enel contribuirebbe molto di più alla crescita del Paese e alla ricchezza del territorio investendo i 2,5 milioni di euro, previsti per la centrale a carbone, in energia pulita o in efficienza energetica''.


''Una centrale a carbone a Porto Tolle - secondo Greenpeace -, comporterebbe l'emissione di oltre 10 milioni di tonnellate l'anno di CO2: l'equivalente di oltre 4 volte le emissioni annuali di una città come Milano. Porto Tolle diventerebbe così la seconda fonte ''clima killer'' in Italia, dopo la centrale Enel di Brindisi. In più l'impianto a carbone emetterebbe 2.800 tonnellate l'anno di ossidi di azoto (quanto 3,5 milioni di auto nuove in un anno) e 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo, pari queste ultime a 2,3 volte le emissioni annue dell'intero settore trasporti in Italia. Davanti alla vecchia centrale a olio c'è il terminal gasifero offshore più grande del mondo. Convertire la centrale a gas (invece che a carbone) costerebbe, a parità di potenza, la metà; occuperebbe poco meno e inquinerebbe molto meno. Se poi Enel spendesse quei soldi in fonti energetiche rinnovabili, occuperebbe, in fase di costruzione e installazione fino a tre volte di più che con il carbone e in fase di funzionamento e manutenzione fino a diciassette volte di più. Quegli stessi soldi, investiti in efficienza energetica - sottolinea -, produrrebbero oltre dieci volte l'occupazione della centrale a carbone e farebbero risparmiare tre milioni di tonnellate l'anno di CO2.  ''Il vero futuro è nelle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica. Negli USA, notizia di questi giorni, è fallito il più grande progetto al mondo per il carbone così detto

'pulito'. Solo in Cina si continua a investire su quella fonte: è quello il nostro modello di sviluppo?''. Greenpeace ha lanciato poi oggi una petizione online attraverso cui ogni cittadino può inviare al presidente Zaia esplicita richiesta di ritiro della legge ''salva carbone''.


Ma il comitato dei lavoratori della centrale di Porto Tolle non ha gradito l'azione degli ambientalisti: "Oggi il circo di Greenpeace è tornato a Venezia, in ritardo rispetto al carnevale. Gli attivisti hanno sbagliato data e slogan'' - hanno protestato i lavoratori - ''Mentre il governo e il consiglio regionale si impegnano a salvare il lavoro, l'associazione ambientalista che difende il gas con più energie dei lobbisti, mette in scena l'ennesima mascherata. Il camino fantoccio e gli striscioni degli attivisti non nascondono la verità: 'Il futuro secondo Greenpeace? Al verde come le tasche di famiglie e imprese'. Chi vuole la conversione a gas della centrale di Porto Tolle, vuole la chiusura dell'impianto. Negli ultimi 5 anni, secondo i rilevamenti del Gestore del Mercato Elettrico, gli impianti a gas metano hanno registrato una diminuzione del 95% delle ore di funzionamento (da 3.268 a 160 ore/anno), gli impianti a ciclo combinato del 30% (da 6.074 a 4.269 ore) e i turbogas del 43% (da 125 a 71 ore/anno)''.


''Porto Tolle a gas - conclude la nota dei lavoratori - non sarebbe competitiva nel mercato, sarebbe sotto-utilizzata diventando un'altra delle troppe centrali a gas in Italia, e darebbe lavoro solo a 30 persone invece che ai 3.500 lavoratori in cantiere e ai 1.000 posti stabili con la centrale a carbone in esercizio. Con l'aggravante di far aumentare le bollette di famiglie e imprese, che resterebbero con le tasche sempre più al verde. Questo è il futuro 'green' di Greenpeace''.

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