Porto Santa Margherita pronta alla “secessione” da Caorle
I residenti e i proprietari di seconde case vogliono un referendum per passare con Torre di Mosto «Versiamo quattro milioni di Imu all’anno e abbiamo ancora marciapiedi rotti e strade dissestate»
PORTO SANTA MARGHERITA. «Non siamo più solo una vacca da mungere». Da Porto Santa Margherita si leva il grido di residenti e proprietari di seconde case che invocano la “secessione” da Caorle e chiedono di staccarsi per diventare lo sbocco sul mare della vicina Torre di Mosto.
La misura è colma e dopo anni di poca attenzione da parte della “madrepatria” Caorle adesso la frazione che ebbe anni gloriosi soprattutto tra i ’70 e gli ’80, vuole riavere la sua dignità, strade, marciapiedi, interventi seri da parte del Comune cui appartiene e che regolarmente la trascura. Si parla già addirittura di un referendum e Danilo Galante, responsabile dell’associazione dei proprietari di seconde abitazioni a Porto Santa Margherita, ha già affrontato diverse riunioni in merito.
La sorpresa è stata che tanti a Porto Santa Margherita lascerebbero volentieri le luci e i colori di Caorle per il paesino sulle rive del Livenza, famoso per la cucina dell’anguilla e la pesca sul fiume in genere. Ma anche subito disposto a stanziare investimenti e risorse.
Porto Santa Margherita è dal punto di vista amministrativo una frazione di Caorle, anche se è di fatto una località balneare vera e propria con la sua famosa darsena e una identità consolidata. Sono lontani i tempi dei grandi panfili che veleggiavano al porto, la nuova località esclusiva dell’Adriatico. Erano gli anni ’80 e abbondavano le frequentazioni dei socialisti, i locali alla moda come il Tortuga di Armando Vallese. Oggi ci sono circa 800 residenti, quindi non molti voti, a fronte di oltre 50 mila presenze se consideriamo anche Duna Verde e Altanea.
Ci sono 6 mila appartamenti e pare che un buon 50 per cento della tassa di soggiorno, da 1 milione e mezzo di euro, derivi da qui. «Con il precedente sindaco di Torre di Mosto Camillo Paludetto», dice Galante, «eravamo a buon punto e adesso con il nuovo sindaco Geretto stiamo già discutendo di questa possibilità. Iniziamo a raccogliere le firme, poi ci sarà un referendum consultivo e la Regione dovrà decidere se sarà limitato a Porto Santa Margherita o a tutta Caorle, perché questo è il problema. Partiamo dal fatto che nel piano triennale delle opere pubbliche Caorle ha destinato a noi solo un palco, da mettere in piazza, per 20 mila euro. Non molto direi. Praticamente siamo dimenticati», continua Galante, «eppure garantiamo l’Imu per 4 milioni di euro l’anno. Torre di Mosto è il Comune che ci accoglierebbe a braccia aperte e garantirebbe gli investimenti necessari. Non avremmo più il brand di Caorle, ma in fondo preferiamo un Comune che ci tenga in considerazione e garantisca i lavori di cui abbiamo bisogno, per verde pubblico, marciapiedi, strade dissestate».
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