Porto Off-shore, ecco il progetto alternativo per Venezia: a Malamocco

VENEZIA. Addio piattaforma off-shore. Uscito di scena il suo massimo sostenitore, l’ex presidente dell’Autorità portuale veneziana Paolo Costa, la grande opera è destinata a finire nel cassetto. Almeno per la parte in mare.
Il sindaco Luigi Brugnaro ha infatti rivelato al nuovo presidente del Porto, Pino Musolino, la sua idea per realizzare l’avamporto delle merci in forma più contenuta. Uno schizzo fatto a mano e inviato al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio - da sempre scettico sull’opera - che si è dimostrato interessato.
Qual è la nuova proposta? All’interno della “lunata” di Malamocco, realizzata per proteggere la conca di navigazione e lunga circa un chilometro, potrebbero trovare sistemazione due ormeggi per grandi navi porta-container. Sarebbero in questo modo al riparo dal mare agitato e vicine ai terminal di terra e a Marghera. La piattaforma a quel punto non sarebbe più necessaria, ridotta forse a un punto protetto per lo scarico delle petroliere, come previsto dalla Legge Speciale del 1973. Un risparmio immediato di due miliardi di euro, considerate le spese per la necessaria sistemazione del terminal ex Syndial a Marghera. «Era importante che quell’area restasse a destinazione commerciale, per rilanciare il porto», dice Brugnaro, «e ci siamo riusciti. Con questa proposte speriamo di sbloccare la situazione».

Il progetto Voops (Venice off-shore on shore port system) è da anni proposto dall’Autorità portuale: dell'inizio di febbraio l'accordo firmato dallo stesso Brugnaro, l'ex presidente Costa e il gruppo industriale cinese che ha finanziato la progettazione. Prevede la realizzazione in mare, a otto miglia dalla costa veneziana, di un nuovo terminale che dovrebbe accogliere le superpetroliere - dopo quasi mezzo secolo ci si è accorti che la Legge speciale lo imponeva - e poi le grandi navi transoceaniche portacontainer. La parte a terra, destinata a ricevere i container, sarebbe realizzata nell’ex area della Syndial, acquistata dal Porto a questo scopo. «Strada obbligata», aveva spiegato l’ex presidente, «per non penalizzare i traffici futuri». Dal momento che l’accessibilità allo scalo veneziano risulta penalizzata dai fondali (12 metri, contro un pescaggio maggiore delle nuove navi) e dalla conca di navigazione. Voluta nei primi anni Duemila, quando Costa era sindaco, realizzata dal Consorzio Venezia Nuova e costata 380 milioni di euro. Ma costruita «troppo piccola».
Adesso la strada sembra segnata: non più scalo a mare, ma off shore in Bocca di porto di malamocco. Anche il nuovo presidente dell’Autorità portuale dell’Adriatico settentrionale, Pino Musolino, aveva espresso il giorno del suo insediamento forti perplessità sulla grande opera. Per cui il suo predecessore aveva firmato a tempo scaduto - provocando l’irritazione del suo successore - il contratto di progettazione per quasi 4 milioni di euro.
Che fine farà adesso il "vecchio" progetto? Costa ricorda che si tratta di un piano approvato dal Cipe, che lo ha in parte finanziato per la parte a terra, e anche dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici e dalla Via. E che i finanziatori privati (cinesi) sono pronti a investire. Ma la strada dell’off-shore, un tempo sostenuto anche dal presidente della Regione Zaia, sembra adesso tutta in salita.
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