Porto, luci e ombre del caso Torricella
Musolino porta le carte di bandi a polizia giudiziaria e Corte dei Conti. Mezzo miliardo di lavori sotto la lente delle Procure
«Non dico niente, adesso le carte le esaminerà chi di dovere». Pino Musolino, da sette mesi presidente dell’Autorità portuale, ha scelto la linea dura. Ha deciso di portare di persona un esposto e carte giudicate «poco chiare» alla Polizia giudiziaria della Procura e alla Corte dei Conti. E di “licenziare” il direttore tecnico del Porto Nicola Torricella.
Molte di queste carte riguardano bandi di gara sui lavori appaltati dall’Autorità portuale dell’era Costa, presidente dal 2009 al 2017. E nella sede del Porto a San Basilio qualcuno avrà fatto gli scongiuri. Ricordando che l’inchiesta Mose era partita proprio da uno scavo di fanghi dei canali portuali. Ma quali sono le vere ragioni dell’offensiva?
«Le navi non c’entrano e nemmeno l’off-shore», mette le mani avanti Musolino, «diciamo che non avevo più fiducia in quel dirigente. E che molte cose venivano raccontate fuori, comprese parti endoprocedimentali». Basta questo per andare in Procura e avviare una guerra di posizione che avrà presto, si dice, la risposta nella richiesta di danni dello stesso Torricella? Quali sono questi fatti gravi per cui il nuovo presidente ha scelto la via giudiziaria invece di quella amministrativa? Ogni nuovo presidente si porta i tecnici di sua fiducia. E il giovane dirigente voluto da Paolo Costa ai vertici della struttura tecnica del Porto, nove anni fa, forse se ne sarebbe andato presto. Richiesto come Segretario generale anche dall’Autorità portuale di Genova.
«Un insieme di fatti che sembrano non gravi fanno un fatto grave», dice criptico Musolino, «e poi non ci sono soltanto responsabilità penali, ma anche amministrative». A cinque giorni da un Comitatone che si annuncia decisivo, l’iniziativa ha stupito ancor di più. Le interpretazioni non mancano. Musolino che vuole di colpo «liberarsi» dell’eredità di Paolo Costa e anche dell’ombra di Luigi Brugnaro, sindaco che avrebbe preferito un nuovo mandato a Costa anche se oggi dichiara di avere «un buon rapporto» con il nuovo presidente. Dopo aver abbandonato Off- shore e scavo del Contorta (entrambi progetti elaborati proprio da Torricella) Musolino adesso si libera anche del tecnico «non più di sua fiducia».
Si dice anche che all’ultima riunione tecnica davanti al ministro Delrio, il direttore non abbia sostenuto le tesi del capo. E abbia sottolineato invece le difficoltà tecniche – con il parere contrario scritto dalla Capitaneria, nel 2014 – di far passare le navi passeggeri a Marghera vicino all’area industriale e alle petroliere. «Ma le navi non c’entrano», assicura Musolino. Che dice di avere «studiato le carte in questi mesi e aver trovato qualcosa che non funziona». Nel corposo curriculum di Torricella, 42 anni, nato a Portogruaro, spiccano i numerosi incarichi di Rup (Responsabile unico del procedimento) per quasi tutti i progetti avviati dal Porto negli ultimi dieci anni. In totale, più di mezzo miliardo di investimenti. La rete stradale di via dell’Elettronica e la nuova viabilità di accesso al Porto. Ma anche i lavori per lo scavo del Canale Industriale Sud e Ovest riportati alla quota di meno 10 metri e 50 (45 milioni di euro). Lo scavo del canale Malamocco-Marghera per portarlo a quota meno 12. Interventi iniziati prima della posa delle paratoie del Mose e ancora in corso (45 milioni di euro). E la progettazione del terminal Ro-ro a Fusina(195 milioni), il terminal e la banchina Isonzo in Marittima. E infine l’incarico di collaudatore per il Consorzio Venezia Nuova per le paratoie del Mose a Chioggia, incarico ancora in corso. Quali sono le contestazioni precise mosse da Musolino? «Lo vedrete», dice il presidente del Porto, «ma è il segnale che all’Autorità portuale le cose sono cambiate». Ora la palla passa agli investigatori.
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