Porti, Venezia si ribella alla Serracchiani

Operatori e sindacati uniti replicano alla governatrice del Friuli: «Basta campanilismi, l’Alto Adriatico non è solo Trieste»
POSSAMAI MARGHERA: PORTO MARGHERA E ZONA INDUSTRIALE VISTA DALL'INTERPORTO..20/05/2008 © SALVIATO LIGHTIMAGE
POSSAMAI MARGHERA: PORTO MARGHERA E ZONA INDUSTRIALE VISTA DALL'INTERPORTO..20/05/2008 © SALVIATO LIGHTIMAGE

MARGHERA. Debora Serracchiani, governatore del Friuli Venezia Giulia, nei giorni scorsi ha detto di ritenere che i «porti italiani strategici» sono tre «Trieste, Genova e Gioia Tauro», mentre quello di Venezia dovrebbe fare squadra con quelli più piccoli di Ravenna, Capodistria e Fiume per «rammendare l’alto Adriatico». La polemica non è nuova e ripropone il braccio di ferro in atto con il porto di Venezia in espansione e impegnato a realizzare la piattaforma off shore per catturare i grandi traffici diretti nel Nord Europa. «Nelle parole di Debora Serracchiani c’è solo una buona dose di campanilismo», sottolinea un comunicato stampa sottoscritto da gran parte degli operatori del porto veneziano. «Ci amareggia ancora di più pensare che questa possa essere la strategia che lei immagina in qualità di responsabile delle infrastrutture del Pd alla vigilia del vaglio della nuova riforma sui porti».

La replica alla Serracchiani è stata sottoscritta da una ampio fronte: imprese di spedizione Venezia, agenti raccomandatari e mediatori marittimi del Veneto e di Venezia, Gruppo ormeggiatori del Porto di Venezia, Corporazione piloti estuario Veneto, Rimorchiatori riuniti Panfido, Nuova Compagnia lavoratori portuali, Fit-Cisl, Filt-Cgil, Uil Trasporti e Confetra Nord Est. «Le vorremmo far presente», continua il comunicato indirizzato alla Serracchiani, «che se qualcuno ancora deve iniziare a “rammendare” le infrastrutture portuali, ci sono altri porti, come Venezia, che in questi anni l’hanno fatto con investimenti pubblici e privati e stanno già guardando al futuro senza aspettare e progettando la crescita di domani. Da noi si è investito per raggiungere il massimo del pescaggio consentito attirando nuove linee dirette con l’Oriente e dando accesso a grandi navi portarinfuse».

«Da noi», sostengono operatori e lavoratori, con molto orgoglio, «si è investito per rifare banchine e acquistare nuove attrezzature che migliorino la competitività dei terminal, da noi è stata potenziata l’infrastruttura ferroviaria e investito in servizi ferroviari nonostante vi sia una totale assenza di contributi in questo settore e si è reso operativo un nuovo terminal delle Autostrade del Mare. Tutto questo lottando per mantenere anche l’eccellenza crocieristica costruita lungo l’arco di un decennio e sulla quale si basa anche lo sviluppo degli altri porti italiani in questo settore».

«Ciascuno faccia la sua parte», continua il documento inviato alla Serracchiani, «rimbocchiamoci le maniche per sistemare le infrastrutture esistenti ma non si blocchino coloro che strategicamente si stanno già attrezzando per agganciare quel mercato dello shipping che con fatica stiamo convincendo a risalire l’Adriatico e raggiungere i nostri porti».

«Certamente la burocrazia può essere uno scoglio», concludono i firmatari, «ma lavoriamo assieme con i colleghi degli altri porti dell’Alto Adriatico per migliorare l’offerta complessiva perché il mercato ha bisogno di tutti noi e non soli di uno (o tre) porti. Definite le priorità, ma fate presto, senza distruggere quanto ottenuto con fatica in questi anni perché sinergia e competenze siano a disposizione di tutti e non solo viste come un detrimento per la crescita degli uni contro gli altri». (g.fav.)

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