«Portavo le armi a un sinti di Silea per saldare un debito di mio figlio»

Enrico Marchesini, fermato dalla Squadra mobile con fucili da guerra, ha raccontato la sua verità Convalidato l’arresto del settantenne di Mogliano che resta in carcere a Trieste. «Era la prima volta»
Interpress/Mazzega Furlan Venezia, 30.05.2014- Questura di Venezia, "Operazione Skorpion".- Nella foto le armi sequestrate.-
Interpress/Mazzega Furlan Venezia, 30.05.2014- Questura di Venezia, "Operazione Skorpion".- Nella foto le armi sequestrate.-

Metti una sera al volante, dalla Croazia alla Marca trevigiana, con un kalashnikov e due caricatori a mezzaluna da 60 cartucce, e una mitraglietta Skorpion made in Polonia munita di silenziatore e a sua volta di quattro caricatori, al posto della ruota di scorta, sotto il pianale del bagagliaio della propria Volvo. Ieri mattina, nella stanza degli interrogatori del carcere triestino di via Coroneo, in occasione dell’udienza di convalida a suo carico, Enrico Marchesini - cui alla fine è stato confermato lo stato d’arresto - ha raccontato questo. Ha giurato che si trattava del suo primo “giro” con delle armi al seguito, armi che non erano per lui, e che era partito per l’appunto non dalla Slovenia bensì dalla Croazia, direzione Silea - comune della provincia di Treviso, come la “sua” Mogliano Veneto - dove avrebbe dovuto consegnare il carico a un sinti. In cambio non s’era parlato di soldi. Il viaggio ad alto rischio per tre Paesi, e pure attraverso una frontiera europea con le sbarre ancora abbassate qual è quella tra la Croazia e la Slovenia, sarebbe dovuto essere il saldo di un vecchio conto aperto: un debito contratto a suo tempo dal figlio, con un passato turbolento alle spalle, adesso residente proprio in Croazia, verso lo stesso cittadino sinti di Silea.

Un regolamento di conti personale, insomma, che si sarebbe dovuto chiudere con la consegna delle armi, e non un collegamento diretto con la nuova Mala del Brenta, come pura sospetta la Squadra mobile di Venezia, che lo ha arrestato giovedì sera, e che è arrivata lui proprio dalle indagini che due settimane fa hanno portato all’arresto di 17 persone della nuova mala, composta da storici affiliati al gruppo di Maniero e nuove leve. Guarda caso, in occasione di quegli arresti, la polizia aveva sequestrato proprio cinque kalashnikov. Ecco dunque la verità, la sua verità, resa ieri dall’insospettabile pensionato di 70 anni di Mogliano arrestato dalle parti di Prosecco, dopo che era entrato su suolo italiano dall’ex valico di Pese e aveva “menato” per un po’ la sua Volvo imbottita d’armi per le stradine secondarie del Carso, facendo più volte il giro delle rotonde proprio per avere la certezza di non essere seguito.

Uno stratagemma che però non è bastato per depistare i poliziotti della Mobile. Al termine dell’interrogatorio di garanzia di ieri mattina - sostenuto dal 70enne di Mogliano davanti al pm della locale Procura della Repubblica Massimo De Bortoli e al legale triestino Sergio Mameli, domiciliatario della difesa affidata dal pensionato all’avvocato Renato Alberini, presidente della Camera penale veneziana - il giudice per le indagini preliminari Laura Barresi ne ha come detto convalidato la custodia cautelare in carcere.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia