Porchetta contro il centro islamico. Fedeli sereni: facciano pure
«Siamo contenti lo stesso. Preghiamo, impariamo la lingua e doniamo il sangue». I venetisti: «Ci ispirano i nostri santi»
CARRAI - DINO TOMMASELLA - S. STINO DI LIVENZA -Inaugurazione centro culturale islamico -
SAN STINO. La provocazione della porchetta mangiata di fronte al centro islamico durante l’inaugurazione non tocca Tanji Bouchaib, il responsabile della struttura. Cittadino italiano, residente a Cinto Caomaggiore, mostra una serenità olimpica: «Siamo in un Paese libero, non abbiamo problemi, possono fare quello che vogliono. Buon appetito».
Sara Moretto esprime, da deputato, la sua indignazione. Matteo Cappelletto, sindaco di San Stino di Livenza, non vuole invece dare importanza a chi lo ha insultato: «Non ho nulla da dichiarare in merito». Il primo cittadino è stato rimproverato di non aver avvertito la cittadinanza. «Io dico», conclude, «che esiste una città tollerante. C’è un’altra San Stino». Tanji Bouchaib aggiunge, sulle peculiarità del centro, che «sarà un punto di riferimento per 60 persone, dove si prega e si impara l’italiano. Si raccoglie anche il sangue qui. Qui si insegna l’italiano, ma anche l’arabo, vogliamo dare ai nostri figli e nipoti la possibilità di parlare coi loro nonni. Ribadiamo tutta la nostra avversione al terrorismo. Qui sono rappresentate numerose nazionalità: Egitto, Tunisia, Marocco, Kosovo e altre ancora. L’Islam è religione di pace e di misericordia».
Il console Nezha Attahar raggiunge il centro islamico attorno alle 11. «Il nostro è un messaggio di apertura, il Marocco è terra dove sono tollerate le tre religioni monoteiste. Vogliamo far conoscere queste caratteristiche anche ai nostri amici che sono là fuori».
Gli “amici” a cui si riferisce il console sono quelli della porchetta. «Vogliamo la chiusura del centro islamico e le dimissioni del sindaco di San Stino, Cappelletto. Questo centro islamico mette in pericolo la nostra comunità cristiana. Ci ispirano il nostro santo, Marco Antonio Bragadin e padre Marco d’Aviano», riferisce il venetista Ives Presotto, primo dei non eletti in consiglio regionale con Veneti Indipendenti, «la porchetta è un nostro piatto tradizionale e la mangiamo finché vogliamo». Peccato però che nessuno di quelli citati sia in realtà un santo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Video