Ponte sul Brenta contro il cuneo salino Concluso l’appalto

Chioggia. Ma sul via ai lavori pende il ricorso di sei darsene La sentenza del Tribunale delle Acque attesa il 17 febbraio

CHIOGGIA. Chiuso l’appalto per lo sbarramento del cuneo salino sul Brenta. Dopo sette anni dalla firma del protocollo d’intesa, le procedure burocratiche si sono concluse e la ditta esecutrice è stata individuata.

A pendere sull’inizio dei lavori, che in linea teorica potrebbero partire anche domani, pesa però la sentenza del Tribunale delle Acque di Roma a cui sono ricorse le sei darsene che insistono sul Brenta per fermare l’opera (che nella parte superiore diventerà un ponte). Il Tribunale, dopo alcuni rinvii, si riunirà in forma collegiale il prossimo 17 febbraio, ma non è detto che si arrivi a sentenza. Il Comune però tira dritto e con una recente delibera di giunta ha confermato l’impegno per la realizzazione del ponte che sovrasta lo sbarramento antisalino partecipando all’opera con 3.500.000 euro. «Con l’ultimo provvedimento», spiega l’assessore all’ambiente, Elena Segato, «ottemperiamo al protocollo sottoscritto a giugno 2009 con l’ex Magistrato alle Acque, la Regione e il Consorzio di bonifica Adige Bacchiglione per la realizzazione dello sbarramento. Un’opera strategica, voluta dal ministero dell’Agricoltura, per risolvere il problema dell’intrusione dell’acqua salata nelle colture, su cui noi interveniamo per creare un collegamento viario diretto tra Sottomarina e Isola Verde, alternativo alla pericolosissima Romea. La gara è chiusa, l’inizio dei lavori è prossimo». L’opera, che costerà quasi 20 milioni di euro, 14 dei quali finanziati dal ministero, è sempre stata “difesa” dal sindaco Giuseppe Casson che la considera strategica per “far diventare centro quello che oggi è periferia” collegando tutta l’area sud della città a Sottomarina. Di diverso avviso i titolari delle sei darsene che non contestano la necessità dello sbarramento salino, ma la collocazione del ponte che secondo loro doveva, come era previsto nel primo progetto, trovarsi alla foce del fiume e non 3.5 km a valle, dove creerà grossi problemi alla navigazione e di riflesso all’attività delle darsene. I titolari sono ricorsi al Tar, hanno raccolto firme e per 50 giorni hanno dormito sotto il municipio per denunciare gli errori tecnici e la mancanza di verifiche sul rapporto costi-benefici dell’opera. Il Tar si è dichiarato non competente e ha passato la palla al Tribunale delle acque (organo giurisdizionale di primo grado con competenza speciale in materia di acque pubbliche, demanialità dei fondi, corsi d'acqua) che tornerà a riunirsi il 17 febbraio. Probabilmente la ditta vincitrice, pur potendo partire con i lavori, attende prudenzialmente il pronunciamento del Tribunale.

Elisabetta Boscolo Anzoletti

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