Ponte di Calatrava, nessun danno erariale
È vero che il Ponte della Costituzione è costato molto di più del previsto (11,6 milioni contro i 6,7 a bando) e per realizzarlo sono stati necessari 2052 giorni contro i 456 annunciati, ma ritardi e costi lievitati non sono dovuti a errori di progettazione dell’architetto Santiago Calatrava, quanto ad interventi di miglioria decisi dal Comune su un “prototipo status symbol”. In estrema sintesi sta qui il senso delle 399 pagine della sentenza con la quale i giudici della Corte dei Conti hanno assolto l’archistar e i dirigenti pubblici che seguirono i lavori: gli ingegneri Roberto Scibilia e Salvatore Vento, prosciogliendo Roberto Casarin per mancata audizione in corso di indagini (tutti difesi dagli avvocati Piselli, Biagini e Domenichelli). Un segno rosso a cancellare i 3,8 milioni di euro che invece il procuratore Carmine Scarano pretendeva come risarcimento. Nessun danno erariale per le casse pubbliche, ha deciso il collegio: anzi, toccherà al Comune pagare ora le spese legali, 11-12 mila euro per ogni convenuto.
Così, quello che secondo il procuratore Scarano era stato un progetto segnato da «macroscopica approssimazione e diffusa incapacità sfociate in un imbarazzante quanto stupefacente insieme di errori riscontrabili tanto nelle fasi della progettazione ed esecuzione, quanto nella preliminare redazione del bando di gara....», per i giudici sono semplicemente «lavorazioni aggiuntive riconducibili a circostanze non prevedibili e a finalità migliorative, quindi non a errori o carenze progettuali».
Delle sei varianti con aumento prezzi, i giudici ritengono comunque prescritte le prime tre, in una vicenda iniziata nel lontano 1999. Restavano così da valutare lavori in corso d’opera per un milione di euro, 153 mila euro di mancati ribassi d’asta e 854 mila euro per manutenzioni, per l’infrangersi dei gradini per i continui spostamenti del ponte.
«L’architetto Santiago Calatrava», sostengono i giudici, «ha elaborato un progetto per un’opera sì molto complessa, ma anche molto ambiziosa: un arco rovescio ribassato per coniugare la necessità del passaggio dei natanti sul Canal Grande con quella di evitare il forte impatto sul contesto circostante: per ciò l’ingegneria è rimasta stressata dall’asservimento all’estetica. Ora, una struttura di tale complessità e singolarità è “un’opera prototipale”, per la sua unicità, per come correlata al contesto urbanistico, per garantire la (sua) duplice funzione: la funzione primaria Ponte e quella ulteriore di status symbol».
Un ponte di grande effetto può dunque anche muoversi, con «forti oscillazioni e spinte sulle spalle, che ad avviso dei giudicanti non risultano essere state sottovalutate né in sede di progettazione dell’intervento, né nel corso della sua esecuzione». Tanto più - si legge - che molti interventi sono stati decisi dal Comune per autotutelarsi, senza che l’architetto ne riconoscesse la necessità: così per l’aumento dei profili delle parti in acciaio che - osserva la Corte - hanno determinato il raddoppio della quantità di acciaio utilizzata e una spinta sulle fondamenta aumentata del 50%, con la conseguenza che poi si è dovuti intervenire per rafforzare le rive, con aumenti di spesa e allungamento di tempi. L’illuminazione per non inciampare? Una miglioria. I gradini scivolosi? Quello che accade in qualsiasi parte di Venezia in giorni di umidità. L’ispessimento dei gradini perché giudicati fragili per l’uso quotidiano? Il Comune sta lavorando a una limitazione dei trolley in tutta la città, nessuno scandalo siano banditi da sempre dal Quarto ponte. Tutti, comunque, lavori «riconducibili a migliorare la funzionalità, accessibilità, illuminazione, durabilità, confort del ponte e non dovuti a carenza progettuali» di un’opera complessa e ambiziosa, sentenzia la corte. E le perizie tecniche presentate dalla Procura dell’architetto Roccatagliata, dell’ingegner Leggeri, dell’ingegner Majowieck concodi - pur con diverse contestazioni - sulla sussistenza di errori di progettazione corretti in corso d’opera? Non hanno convinto la Corte che - dice - non è tenuta a confutarle con controperizie. Firmato Angelo Buscema (presidente), Giovanni Comite (giudice relatore) e Gennaro Di Cecilia.
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