Pometon, nessun accordo la Cgil chiede più garanzie

Maerne. Sei ore di riunione in Prefettura per arrivare a un nulla di fatto La Fiom minaccia di adire le vie legali, la Fim Cisl non ci sta e accusa i colleghi

MAERNE.

Cinque ore di riunione il 21 ottobre, quasi sei ieri ma il risultato è sempre lo stesso: nessun accordo per la Pometon di Maerne. E dire che durante la giornata in Prefettura una proposta concreta su cui lavorare era pure emersa, ma la Fiom Cgil voleva più garanzie sul reintegro degli operai. Cos’accadrà da oggi non si sa; Fiom Cgil non esclude che si vada per vie legali contro i 19 licenziamenti, ma sette di loro sono in aspettativa, mentre la Fim Cisl imputa proprio alla Fiom Cgil di essersi trovati in questo pantano. Dunque la situazione resta incerta.

Trattativa. C’erano i rappresentanti sindacali, dell’azienda, di Confindustria, della Regione, della Provincia e del Comune, il vice prefetto Sergio Pomponio. Si è partiti alle 11 e, dopo quattro ore, quest’ultimo ha messo sul tavolo un’idea, pendendo atto che le persone licenziate sono 12. La proposta prevedeva che Pometon s’impegni a riassumerli, qualora ci fossero le condizioni, in un periodo massimo di 18 mesi. In questo lasso di tempo, il reddito della dozzina sarà pari al 75 per cento della retribuzione netta percepita dagli stessi. Non solo, perché nel frattempo Pometon avvierà una procedura di mobilità volontaria incentivata nei reparti dov’erano impiegati i licenziati, soprattutto fonderia. La stessa azienda mette a disposizione 80 mila euro per favorire la riassunzione dei 12, purché i posti resi disponibili dalla mobilità siano compatibili con le posizioni dei licenziati.

Esito. Il Comune, la Provincia e la Regione chiedono alle parti di pensarci e Fim Cisl si dice favorevole. Lo stesso fa Pometon, che punta a riparametrare la somma di 80 mila euro, regolando gli incentivi in base al numero delle unità e ai mesi di permanenza in azienda, sino a un massimo di seimila euro lordi pro-capiti. Fiom Cgil dice sì, ma chiede di rafforzare l’impegno sull’occupazione per far rientrare, al termine dell’accordo, gli eventuali lavoratori ancora non collocati o in aspettativa non retribuita. E tutto si è arenato.

Sindacati. «Se ancora a suo tempo Fiom Cgil avesse sottoscritto l’accordo», dice Stefano Boschini di Fim Cisl, «si sarebbe evitato tutto questo. Per i prossimi tre anni avremmo accompagnato alla pensione chi stava per maturarla, avremmo del personale in fabbrica e i giovani non sarebbero a casa. Ora se uno dei 12 accetta la proposta del prefetto, può sottoscrivere un accordo individuale». Per Giuseppe Minto di Fiom Cgil altro non si poteva fare. «Non ci stavamo a firmare a queste condizioni», osserva, «e continuiamo a dire no ai licenziamenti: per loro volevamo più garanzie. Avevamo proposto anche la cassa integrazione a zero ore, rifiutata dall’azienda».

Alessandro Ragazzo

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