Polisia veneta, lo Stato chiede i danni

TREVISO. Due inchieste, due procedimenti, che ora confluiranno in un maxi processo con un unico minimo comun denominatore, la Polisia veneta. Ieri i giudici del tribunale di Treviso, nel corso della prima udienza, hanno deciso di riunire i due fascicoli. Il processo ai presunti membri dell’organizzazione paramilitare che aveva come obiettivo la costituzione della Repubblica veneta, staccata dallo Stato italiano, è stato rinviato al 27 ottobre. Ed è proprio lo Stato che ieri è entrato a gamba tesa nella querelle giudiziaria: il ministero dell’Interno si è costituito parte civile, vuole essere risarcito per la bagarre provocata dalla Polisia: «In generale, vi è che l’amministrazione statale italiana, in conseguenza di vicende di come quelle di cui si discute, va ad apparire, agli occhi dei propri abitanti e agli occhi di altri soggetti internazionali, incapace di proteggere la pubblica incolumità e sicurezza , e incapace di garantire l’ordine pubblico».
Danno di immagine quindi, poi costi vivi per sostenere indagini, intercettazioni e quant’altro. Per determinare l’entità della somma richiesta (che sarà stabilita nel corso del giudizio) vengono elencati i parametri da utilizzare: dal rilievo e delicatezza dell’attività svolta dalla pubblica amministrazione danneggiata, dalla gravità delle attività illecite, dal clamore dell’evento nella pubblica opinione e grado di risonanza mediatica, poi le spese per sostenere il ripristino della sua immagine. «Il ministero dell’Interno», si legge nell’atto, «dichiara di costituirsi parte civile nei confronti degli imputati al fine di ottenerne la condanna in solido al risarcimento dei danni tutti derivanti dai reati contestati sotto il profilo patrimoniale e non patrimoniale».
Quanto chiederà? Troppo presto per definire una cifra, ma nella memoria allegata alla costituzione civile viene citato il processo Mediatrade, al termine del quale lo Stato ha ricevuto una provvisionale da capogiro, dieci milioni di euro. L’avvocatura dello Stato, nella persona di Simone Cardin, batterà cassa nei confronti di Sergio Bortotto «autodefinitosi ministro dell’Interno e capo della Polisia veneta, perché promuoveva e organizzava il corpo stesso, mediante la formazione di un regolamento, l’acquisizione di uniformi, la predisposizione di schede di arruolamento»; Danilo Zambon, « perché, rivestendo la qualifica di Savio dell’alta corte di Giustizia, entrava a far parte della compagine organizzativa»; Paolo Gallina, comandante dei vigili urbani di Cornuda nella vita reale, generale della polizia veneta in quella dell'Autogoverno; la madre Giuliana Merotto, «perché forniva un contributo efficace alla costituzione della Polisia veneta e Dino Zorzi, 45 anni di Trevignano, colonnello della Polisia, «perché aveva l’incarico di invitare i candidati a presentarsi per le selezioni e l’arruolamento». Nel maxi processo risultano imputati di concorso in costituzione di associazione paramilitare anche Loris Zanatta, il titolare del pub “Vivavoce” di Maserada nel quale, secondo gli investigatori, sarebbe avvenuto il reclutamento alla "polisia", Giuliano Spigariol, Paolo Tagliabue, Sandro Meneghin, Enrico Pillon e Fabio Piccoli. Le difese degli imputati sono rappresentate dagli avvocati Luigi Fadalti, Christian Menegon e Roberto Prete.
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