«Più Costituzione a scuola ci insegna la convivenza»
Il presidente emerito della Corte Costituzionale De Siervo oggi alla Fenice. «Parla dei problemi essenziali della vita umana e delle regole da rispettare»
VENEZIA. «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere di fronte alla legge». Oggi alle 12, al Teatro La Fenice, il presidente emerito della Corte costituzionale, Ugo De Siervo, affronterà l’articolo 8 della Costituzione, nell’ambito dell’iniziativa “Il viaggio della Costituzione” che sta portando nelle città italiane, un articolo per ogni città, i principi fondamentale della Carta. Una Costituzione che, dice De Siervo, «va insegnata di più nelle scuole».
Professor De Siervo: lavoro, libertà di espressione, religione. La Costituzione ha oltre 70 anni ma continua a parlarci dell’oggi. Perché?
«Perché le Costituzioni - basti pensare che quella americana è del 1787 - devono attenersi e per fortuna nella maggior parte dei casi si attengono ai problemi essenziali della vita umana, al di là dei mutamenti sociologici o tecnologici e per questo sarebbe un’errore una Costituzione che abbia riferimenti a questioni contingenti. Per capirci: nella Costituzione non si parla di televisione o di Internet, ma ci sono dei principi generali che riguardano il loro utilizzo».
Ci sono stati vari tentativi, riusciti o meno, di riforma costituzionale. Ma nessuno ha mai pensato di toccare la prima parte, segno della condivisione di alcuni valori fondanti della nostra comunità. È così?
«Chi vive nelle istituzioni politiche non tocca i principi fondamentali della Carta, spesso nella convinzione però di poterli piegare. La prima parte ci parla di quei principi che gli antichi avrebbero definito sacri e inviolabili, ma anche la seconda è fondamentale: da chi decide cosa a come si fanno le leggi, quali leggi possono modificare la Costituzione. Per questo la Costituzione è tutta fondamentale».
articolo 8
Quindi sarebbe meglio non toccarla?
«Il problema è sempre la misura. La Costituzione italiana è stata modificata o integrata 26 volte nel corso della sua vita, e solo due riforme, disomogenee e non migliorative sono state bocciate. Non è vero quindi che è un sistema immobilizzato come qualcuno dice: il punto è che bisogna fare modifiche migliorative, non pastrocchi peggiorativi».
CARRAI - U. DE SIERVO SALMASO - U DE SIERVO
Si riferisce all'ultimo tentativo di riforma da parte di Renzi?
«La mia opposizione fu per un giudizio di merito, non astratto. Però dico che la Costituzione dovrebbe essere modificata con estrema attenzione».
Sarà a Venezia per l’iniziativa de “Il Viaggio della Costituzione”. Perché portare la Costituzione nelle città?
«È uno dei tanti tentativi, opportuni, per passare dal formale rispetto della Costituzione alla diffusione di una conoscenza più ravvicinata. Uno sforzo che dovrebbe iniziare dalle scuole perché a scuola si insegna poco la Costituzione. Non mi riferisco a una serie di norme da imparare a pappagallo, ma di una riflessione sul tentativo ragionevole di risolvere i problemi della convivenza all’interno degli Stati democratici, stabilendo delle regole».
A Venezia parlerà dell’articolo 8 sulle confessioni religiose secondo il quale tutte sono egualmente libere davanti alla legge. Ci spiega, esattamente, che cosa vuol dire?
«L’articolo sancisce un principio fondamentale: il pluralismo religioso e il diritto delle confessioni religiose a organizzarsi secondo i loro principi, a patto che non siano in conflitto con i principi dello Stato. E che le materie che riguardano i rapporti tra Stato e Religione devono essere il frutto di un accordo, e non della scelta del Parlamento. Lo Stato non può più decidere, come accadeva negli Stati antichi, come si eleggono i vescovi, o come si devono organizzare le religioni. Queste ultime a loro volta, secondo la Costituzione, devono educarsi a convivere con le altre confessioni religiose, certo senza cancellare la proprie caratteristiche».
Il principio sancisce il diritto delle religioni a organizzarsi sulla base dei propri statuti. Ma nella traduzione di tutti i giorni, se pensiamo alla questione islamica in Italia, per il timore di lasciare spazi alla diffusione del radicalismo c’è spesso l’ostilità delle amministrazioni locali nel concedere spazi per la vita religiosa. Come se ne esce?
«Se ne esce contrattando, come è già stato fatto per altre 13 confessioni religiose compresa quella cattolica, un accordo serio con la comunità musulmana che era e in parte è ancora molto divisa al proprio interno. I musulmani non sono riusciti a esprimere, se non recentemente, una rappresentanza unitaria. Ma è stato un buon passo avanti la pre-intesa firmata nel febbraio del 2017 tra il ministero dell’Interno e una rappresentanza plurale dei musulmani. Un’intesa permetterebbe di rendere più normali i rapporti ma sia chiaro: non è che nel frattempo viene meno il diritto delle comunità a costruire moschee o ad adattare spazi per la preghiera. Se poi c’è ostilità nei confronti di una comunità questa si esercita non solo contro le moschee. Ricordo bene che quando ero presidente della Corte Costituzionale bocciammo (era il 2010, ndr) una legge veneta che voleva limitare l’apertura dei phone- center».
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