Picchiava la moglie e la figlia arrestato un 49enne bengalese

Spinea. L’uomo considerava la coniuge come una schiava, subiva violenze di ogni tipo da dieci anni Dopo l’ennesimo pestaggio la bimba ha avuto il coraggio di denunciare ai carabinieri il padre padrone

SPINEA. La considerava una schiava. Niente di più. Una schiava che gli doveva ubbidire a cui non era consentito ribellarsi, più semplicemente non gli era consentito di essere persona. Umiliazioni, violenza fisica e psicologica continua e anche davanti alla figlia. La stessa bambina che si è dimostrata fondamentale nel denunciare il padre padrone e a farlo arrestare dai carabinieri.

Ad arrestare l’uomo, un 49enne del Bangladesh, sono stati i carabinieri della stazione di Spinea, I militari hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Venezia per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale aggravata, tentata estorsione, rapina e lesioni aggravate. Tutti reati commessi nei confronti della moglie 33enne e della figlia. Nell’ordinanza il gip spiega: «L’uomo è accusato di comportamenti violenti e vessatori nei confronti di tutto il nucleo familiare a partire dalla moglie umiliata e percossa a più riprese (anche quando questa era in stato di gravidanza) ed indotta a non denunciare le violenze, nonché anche a subire rapporti sessuali non consensuali addirittura dopo essere stata legata». Un quadro da brividi finito con l’intervento dei carabinieri che hanno ricostruito la situazione che durava dal 2007. Dieci anni infernali.

Le indagini sono iniziate dopo un intervento effettuato a fine novembre 2017, quando i carabinieri, chiamati una sera dalla donna, intervenivano nell’abitazione della donna, Ma lei, non conoscendo la nostra lingua non era riuscita ad esprimersi e a raccontare quanto accaduto. Nella stessa sera, qualche ora dopo a chiamare il 112 è stata la figlia della coppia, una bambina di 9 che, con il suo coraggio, ha aperto la porta della salvezza anche per la mamma. La piccola, disperata e tra i singhiozzi, spiegava al telefono riferendo che la madre era in grave pericolo perché circondata accerchiata da quattro uomini (il marito e tre parenti) che la stavano picchiando lanciandole addosso di tutto.

La donna soccorsa e trasportata al pronto soccorso e da qui, dopo le cure per le percosse subite, accompagnata in caserma per chiarire finalmente la situazione, questa volta con l’aiuto di un interprete. La donna, dopo un lungo pianto liberatorio, raccontava ai carabinieri la sua storia di continui soprusi, violenze di ogni genere e privazioni. Vista la gravità della situazione, i carabinieri decidevano di collocare la vittima in una comunità protetta con la figlia.

La donna, sin dal 2007, veniva quotidianamente offesa e minacciata, nonché picchiata anche quando era incinta e privata della possibilità di farsi medicare e non solo: la donna non poteva infatti parlare con nessuno, nemmeno per telefono o vedere la tv, non poteva uscire di casa da sola e veniva costretta a subire rapporti sessuali non consensuali e violenti che, se rifiutati, venivano compiuti lo stesso legandola e imbavagliandole la bocca con nastro adesivo. L’uomo a volte picchiava anche la figlia. A novembre il marito, quattro suoi parenti l’aggredirono picchiandola per costringerla con la violenza ad intestare all’uomo un’abitazione di cui lei era proprietaria in Bangladesh.

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