Piazza in marmo, scoppia la polemica

Il “buco” davanti all’ex Casinò sostituito da una spianata bianca. Gli ambientalisti: «Nessun confronto con i cittadini»
Positivo che il cosiddetto buco della vergogna sia definitivamente chiuso, negativo che non ci sia stato nessun dialogo con i lidensi su come chiuderlo. È questo il bilancio di alcune associazioni cittadine che in questi giorni stanno seguendo lo sviluppo dei lavori della ditta Sacaim, impegnata inizialmente per quello che doveva essere il nuovo Palazzo del Cinema. Inizialmente perché dal bando emesso dal Comune nel 2004 a oggi, il Lido è stato travolto da drammatiche vicende (dalla scoperta dell’amianto all’entrata in scena prima di Est Capital per l’acquisto dell’Ospedale al Mare e poi dalla cordata Real Venice 2 passando per la “cricca” di Angelo Balducci), costate in totale 40 milioni di euro di soldi pubblici.


Per alcuni anni la ferita di circa 4000 metri quadrati è rimasta in mostra a cielo aperto, raccontando lo strazio di un territorio attraversato dalle speculazioni. Oggi, grazie al superamento dei pluriennali contenziosi tra Comune e Sacaim-De Eccher, avvenuto con l’attuale giunta a fine 2015, il buco finalmente sta scomparendo. La ditta che un tempo si era aggiudicata l’appalto è ancora all’opera, ma questa volta per un budget di 12 milioni, utilizzati per realizzare il progetto dello studio trevigiano C+S, associato alla Sacaim-De Eccher. Il progetto in marmo bianco è stato però bocciato da chi negli ultimi anni aveva sognato un Lido a misura di lidensi.


Giancarlo Carnevale.
«Tanto di cappello al sindaco Luigi Brugnaro che è riuscito a sistemare un’eredità pesante lasciata dalle scorse amministrazioni, ma fa tristezza che i lidensi non siano stati ascoltati e nemmeno le proposte avanzate dai cittadini». Carnevale, docente ed ex rettore Iuav ora in pensione e fondatore del Caal (Comitato associazioni ambientaliste del Lido), non salva nulla del progetto.


«Conosco e apprezzo lo Studio C+S di Carlo Cappai e Alessandra Segantini, ma sono deluso» commenta «Certo, non sappiamo quali fossero le richieste, ma quel marmo bianco è inappropriato, quel riverbero è respingente e ne risentiranno anche le piante. Non c’è nessun accordo con lo spazio attorno e le panchine circolari attorno agli alberi sembrano fatte per stare seduti da soli, senza contare che il mare non si vede e che le rampe per i disabili devono stare ai lati e non finire in strada in mezzo al traffico. Nel Palazzo del Cinema quel bianco continuo è pericoloso: non si vede dove finisce e si rischia di cadere. Non vedo nessun richiamo al luogo, a Venezia e al Lido. Le opere pubbliche per legge vanno condivise. Spero che in futuro l’amministrazione si confronti con i cittadini».


Italia Nostra
. «Qui c’era una bellissima pineta che faceva ombra, mentre oggi c’è una spianata di bianco accecante» dichiara Lidia Fersuoch di Italia Nostra «Ancora una volta è un progetto calato dall’alto, non pensato per i residenti. D’estate è troppo caldo per andarci e d’inverno il Lido è deserto. È stato fatto solo per la Mostra del Cinema, ma quello che fa più rabbia è la continua assenza di dialogo con i cittadini».


Municipalità
. «È stata una grande occasione di dialogo persa» dichiara Danny Carella, presidente della Municipalità del Lido «È sicuramente positivo che siano stati fatti i lavori, ma sarebbe stato opportuno e appropriato spiegare alla cittadinanza il progetto. Abbiamo sempre chiesto al sindaco e al prosindaco Paolo Romor di venire con le modalità che preferivano, ma non abbiamo mai avuto nessuna risposta, nonostante fosse un progetto del Comune per il Comune».


Istituzioni.
Tra riunioni, vacanze o scelta di non parlare, poca voglia di commentare, ieri, in Comune e Biennale. La conclusione dei lavori è prevista entro fine luglio, mentre in occasione dell’inizio della Mostra del Cinema l’associazione “Un altro Lido è possibile”(www.unaltrolido.com) terrà una conferenza stampa per spiegare il punto dei vista dei lidensi rispetto al buco che non c’è più, ma le cui vicende non sono ancora archiviate.


©RIPRODUZIONE RISERVATA


Riproduzione riservata © La Nuova Venezia