Piarottolegno verso la chiusura sindacati sul piede di guerra

SANTA MARIA DI SALA
Nessuna cessione per Piarottolegno di Santa Maria di Sala. Anzi, la proprietà vuole chiudere lo stabilimento sulla Noalese. Non tra mesi ma poche settimane – si parla di commesse da portare a termine per quindici giorni – e concentrarsi sulla Polonia dove c’è già uno stabilimento aperto. Una doccia gelata in piena estate, stavolta non gradita, per i 91 lavoratori e i sindacati Filca Cisl e Fillea Cgil, che martedì si erano recati alla riunione in Direzione regione del lavoro pieni di speranze. In quella precedente, Piarottolegno aveva espresso la volontà di trovare un nuovo acquirente e l’aver postiticapo di sette giorni l’incontro a Venezia aveva fatto alimentare la fiducia che qualcosa di buono potesse succedere. Invece niente da fare e la storica fabbrica produttrice di semilavorati in legno massiccio, nata nel 1922, potrebbe non festeggiare il secolo di vita. Almeno in Italia.
Ieri i sindacati – erano presenti anche Andrea Grazioso (Cisl) e Roberta Gatto (Cgil) – hanno incontrato i dipendenti in assemblea e hanno già lanciato la loro risposta: domani alle 10 saranno davanti al municipio di Santa Maria di Sala per coinvolgere il sindaco Nicola Fragomeni. E dei lavoratori che ne sarà? L’idea è di presentare un concordato liquidatorio e, intanto, usare gli ammortizzatori sociali previsti per casi simili. Tenendo presente che i dipendenti sono a casa da inizio marzo, da quando, cioè, è partita l’emergenza sanitaria. Fillea Cgil e Filca Cisl imputano all’azienda di non aver partecipato alle riunioni e di essersi avvalsi di professionisti per gestire la crisi.
«Con la mancata partecipazione all’incontro» scrivono in una nota le due sigle «la proprietà ha dimostrato poco rispetto nei confronti di tutte le maestranze. Ormai è evidente che tutte le informazioni date nei precedenti incontri non avevano nessuna base per poter proseguire la produzione in Italia, a partire dalla comunicazione fatta a gennaio 2019 in cui venivamo informati dell’imminente chiusura della fabbrica in Polonia, all’investimento in un nuovo macchinario mai messo in condizioni di poter essere utilizzato al 100 per cento, al pagamento entro dicembre 2019 delle somme trattenute ai lavoratori mai versate quali, i fondi di previdenza integrativa e le quote associative alle organizzazioni sindacali. Questa decisione avrà un impatto di grande rilevanza nel territorio salese».
Adesso si pare una nuova partita, la più difficile: convincere i vertici aziendali rivedere i loro programmi e fare marcia indietro. —
Alessandro Ragazzo
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