Piaga abusivismo e lavoro in nero artigiani in campo

I più colpiti sono i settori di parrucchieri, barbieri ed estetiste. «Biosogna operare con le forze dell’ordine»
- La parrucchiera ha reagito all'aggressione
- La parrucchiera ha reagito all'aggressione

DOLO. Lotta all’abusivismo e al lavoro nero, e rispetto delle regole sui luoghi di lavoro nei settori di parrucchieri, barbieri ed estetiste. Questi sono i punti cardine della campagna di sensibilizzazione lanciata dall’associazione Artigiani della Riviera. A spiegare il progetto sono il presidente Luca Vanzan e il segretario Giorgio Chinellato. «Per far emergere e porre un freno a questi fenomeni», precisano, «bisogna lavorare in piena sinergia anche con le forze dell’ordine. Il lavoro nero e gli atteggiamenti ambigui, non sono impossibili da fermare. Associarsi significa trasparenza, e chi lavora in nero a domicilio o all’interno della propria abitazione, non è quasi mai un associato».

Da anni l’associazione Artigiani è in prima linea contro l’abusivismo e diverse sono le campagne di sensibilizzazione promosse. «La concorrenza sleale di chi lavora in nero nel campo dell’acconciatura e dell’estetica non è più tollerabile», proseguono Vanzan e Chinellato, «è una vera e propria piaga che intossica il mercato e penalizza le imprese che stanno, invece, in regola e pagano le tasse. Qualche anno fa abbiamo avviato una campagna ad hoc con una serie di cartelloni che puntavano a far capire ai cittadini i rischi che corrono affidandosi a persone che non sono professionisti. L’abusivismo non garantisce sicurezza e igiene».

Ad entrare nel dettaglio dei problemi del comparto è Stefano Lazzari, esponente della categoria, che ha il suo salone di acconciatura ed estetica a Mira. La categoria - ricordiamo - conta una novantina di associati agli Artigiani. «Negli ultimi anni il fenomeno che è esploso con più virulenza è quello dei parrucchieri che lavorano nelle proprie abitazioni», tuona Lazzari, «un fenomeno difficile da far emergere perché fare dei controlli all’interno delle case private è complicato. Ma non dobbiamo perderci d’animo e chiediamo, quindi, sempre maggiori controlli alle forze dell’ordine e polizie locali».

Si stima che in Riviera questi superino il centinaio. Altra questione sono i parrucchieri cinesi. «Utilizzano spesso dei prestanome per aprire i loro negozi», commenta Lazzari, «prestanome che spesso non hanno neanche le caratteristiche indicate dalla legge. Alcuni operatori cinesi utilizzano le possibilità di proroga per la regolarizzazione per prolungare all’infinito la loro attività».

Lazzari, infine, affronta la tematica della formazione nelle scuole professionali. «L’utilizzo di apprendistato e formazione», conclude, «è diventato sempre più difficile da parte dei titolari di saloni e negozi. I giovani che arrivano dalle scuole professionali con il diploma di “tecnico professionale in estetica” che si consegue a 17 anni devono essere regolarizzati come personale formato senza cioè utilizzare quelle forme di inserimento lavorativo che l’apprendistato permetteva». Infine: «Una ricetta per far emergere il lavoro nero è abbassare le tasse sul lavoro e premiare fiscalmente chi lavora in regola».

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