Petroven, 12 anni di pena per quattro imputati
MESTRE. Nuovo punto fermo giudiziario all’indagine sui furti di carburante compiuti per anni ai danni della Petroven di Marghera.
Ieri, il giudice per le udienze preliminari Comez ha condannato con rito abbreviato - che prevede uno sconto di un terzo della pena, in cambio d i processi più snelli rispetto a quelli in aula - quattro tra i maggiori imputati dell’inchiesta, andando anche oltre alle richieste della pubblico ministero Paola Tonini. Così l’ex sindacalista Marco Bergamo, dipendente dell’azienda (48 anni, Campalto), è stato condannato a 3 anni, 7 mesi e 80 mila euro di provvisionale sul risarcimento danni che sarà poi definito in sede civile; Natalino De Vidi (53 anni, Biancade) è stato condannato a 2 anni e 11 mesi (80 mila euro di danni); 2 anni e 6 mesi e 20 mila euro di risarcimento per Fabrizio Perissimotto (36 anni, di Silea); 3 anni di reclusione per Francesco Gheno (41, Mestre), ex pugile accusato di essere stato pagato per picchiare selvaggiamente un camionista, ritenuto una “spia” dalla banda. Complessivamente, l’azienda petrolifera di Marghera ha stimato un danno per un milione e 800 mila euro.
A patteggiare nei giorni scorsi la pena e ad uscire così dal processo erano stati il mestrino Flavio Acerboni (due anni e cinque mesi di reclusione), Maurizio Danesin di Chirignago (un anno e 11 mesi), il moglianese Andrea Faraon (un anno e 11 mesi), Graziano Scattolin di Marcon (un anno), Sergio Simionato di Scaltenigo (undici mesi e 10 giorni), il miranese Mariano Asti (undici mesi e 10 giorni), il mirese Davide Tessari (undici mesi e 10 giorni) e Sereno Ferro di Mira (un anno e tre mesi). Mentre altri tre imputati, Francesco Bonaldo di Salzano, Giorgio Niero di Martellago e Ilario Semenzato di Mira, hanno deciso di affrontare il processo in aula e sono stati rinviati a giudizio: la prima udienza è fissata per il 5 febbraio.
I fatti rrisalgono al 2011 e ai primi mesi del 2012: alcuni degli imputati sono dipendenti della Petroven, altri trasportatori o gestori di pompe di benzina, accusati di aver rubato (e venduto) migliaia di litri di gasolio. A indagare, erano stati, gli investigatori della Digos perché tutto era iniziato dal ritrovamento in un ufficio postale di tre lettere-esplosive. Stando alle accuse, a costruirle e spedirle Bergamo e Bonaldo, per colpire i dirigenti dell'azienda petrolifera accusati di essersi accorti dei furti di gasolio e di aver organizzato controlli più efficienti per porre un freno ai furti e scoprire i ladri.(r.d.r.)
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