Pestriniero, lo scrittore veneziano che ispirò Alien di Scott
VENEZIA. Non è da tutti spegnere sessanta candeline per il lavoro. Certo, le aspettative di vita si sono allungate. Ma in quanti possono vantare sei decenni di carriera artistica? Renato Pestriniero, 85 anni, ha scritto il suo primo racconto nel ’58, a venticinque anni. «Da quel momento è diventata una necessità», confida egli stesso. Un genio acuto, visionario, poliedrico. E fecondo: libri premiati e tradotti in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Germania; dipinti onirici esposti alla Biennale; e una passione anche per la fotografia, con un libro sull’estetica del degrado. È il romanzo, però, il suo compagno di viaggio più fidato.
La pagina scritta consente a Pestriniero di gettare lo sguardo su un futuro immaginabile, e la letteratura utopistica si presta a questo esercizio. Anzi «letteratura d’anticipazione», come Pestriniero preferisce chiamare il genere letterario dei suoi libri. E le sue intuizioni si prestano anche alla ricerca stilistica. Un esempio? Concludere i capitoli con notizie di cronaca provenienti da un mondo futuro. E l’esperimento riesce. Per dirne una: dal suo racconto “Una notte di 21 ore” è stato tratto il film “Terrore nello spazio” del 1965, diretto da Mario Bava. Considerato tra i migliori film utopici realizzati in Italia, è confermato che Terrore nello spazio fu per Ridley Scott la maggior fonte d’ispirazione per il film Alien (1979). Atmosfera opprimente, mondi desolati, parassiti misteriosi che infettano i membri delle navi spaziali. In effetti, la trama sembra richiamare il kolossal hollywoodiano. Eppure: «Mai avuto nessun contatto con Ridley Scott, ma non ne faccio un cruccio», rivela candidamente Renato.
Unita alla letteratura del fantastico, la cifra di Pestriniero si distingue per un altro elemento onnipresente nei suoi lavori: Venezia. Un rapporto, quello dello scrittore veneziano con la sua città, che come ogni relazione d’amore ha vissuto alti e bassi. Certo, adesso è difficile riconoscere una città in trasformazione: «Venezia va contro la filosofia attuale, la modernità». È quasi un appello disperato, il suo. «Lo sviluppo tecnologico è troppo rapido rispetto allo sviluppo sociale», la tesi di Pestriniero. «Venezia è una città per forza di cose a misura d’uomo, che non può essere modernizzata. È il mondo che si dovrebbe venezianizzare».
E tra le righe dei suoi libri “d’anticipazione” , non mancano i richiami alla laguna. Come in “Zenobia città aperta” (edito dalla casa editrice El squero, insieme a Venetia Felix), un titolo che richiama la “città invisibile” costruita su palafitte e descritta da Italo Calvino. Ambientato nel 2031, lo scenario descritto sembra non dare scampo a una Venezia stritolata dai problemi che già oggi la affliggono. Pestriniero immagina, allora, una città indipendente dai suoi stessi cittadini, governata da logiche lontane dai suoi stessi interessi. La copertina del libro raffigura una porta murata di una casa abbandonata.
Una premonizione? «I residenti sono sempre meno», risponde lo scrittore. «Chi si allontana decide di affittare la sua casa in centro storico. Tra 50 anni, quanti abitanti ci saranno?». Una città che, tuttavia, riesce ad essere artistica anche nel suo degrado, dimostrando quanto sia vero che la bellezza sta negli occhi di chi guarda nonostante le crepe del tempo. «Venezia è fatta anche di questo», spiega, «non solo della solita cartolina di piazza San Marco». Un concetto racchiuso, secondo Pestriniero, in una parola giapponese: wabi-sabi, un’imperfezione resa tale dalla magia del tempo che passa. «È il racconto dell’anima di una città, un tesoro da mantenere. Perché se Venezia, emblema di bellezza unica al mondo, crolla, allora rischia di crollare tutto», conclude lo scrittore.
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