Pesca, necessaria la regolamentazione

Lo studio di Veneto Agricoltura presentato agli stati generali per superare le criticità del comparto

CHIOGGIA. Parola d’ordine: regolamentazione. Ma con il buon senso e la partecipazione di tutti i soggetti interessati. In estrema sintesi è questa la conclusione che si può trarre dopo l’incontro degli stati generali della pesca che si è tenuto venerdì allo Aspo. La “ricetta” l'ha fornita Veneto Agricoltura, tramite uno studio condotto da Alessandra Liviero, che analizza problemi, criticità e possibili soluzioni settore per settore: un lavoro durato mesi e basato su incontri con operatori e portatori di interesse, elaborazione di questionari e partecipazione, nel tempo, a comitati tecnici e unità di crisi regionali. Una ricetta che sembra scontata, ma non lo è.

Perché, ad esempio, quando la pesca a strascico e da posta lamentano la continua perdita di aree di lavoro a favore di altre attività commerciali (dal rigassificatore, al terminal off shore, alle attività balneari e turistiche) e la possibile soluzione è un piano regolatore della costa che stabilisca “quanto a questo e quanto a quello” si capisce che la regola serve, ma non sarà facile mettere tutti d'accordo. Quando la pesca volante e lo strascico soffrono per gli alti costi del carburante, i pagamenti ritardati e le difficoltà di accesso al credito, la mediazione con la banche è necessaria, ma chi fa da garante? Quando la molluschicoltura manifesta crescenti difficoltà a reperire il seme, perché la concessione di aree nursery a canone zero non diventa una possibilità concreta? Perché, al contrario delle altre regioni, il Veneto considera non classificate le acque marine oltre le 12 miglia, facendo sostenere agli operatori i costi di stabulazione?

Ci sono poi le questioni direttamente legate ai regolamenti comunitari, sempre più severi, ma anche in continua evoluzione, con oggettive difficoltà di adattamento da parte degli operatori. Ad esempio, la pesca dei cannolicchi, con draga idraulica, è concessa in deroga fino al 15 marzo, perché si svolge a meno di 0,3 miglia (600 metri) dalla costa e avrebbe bisogno di una norma ad hoc, visto che le draghe non possono lavorare in quella fascia. Ma chi lo spiega all'Europa?

E le organizzazioni dei produttori: o non ci sono o sono troppe e poco rappresentative, con il risultato che, spesso, i pescatori non riescono a gestire il prezzo dei loro prodotti e, quindi, il loro reddito.

Diego Degan

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