Perizia sulla lettera di Debora a Canale 5
PADOVA. “Scrivo questa missiva perché trovo giusto e umano poter dire anch’io la mia verità... Chi conosce il dolore ne riproduce l’eco per tutta la vita... Questa sono io... definita un mostro”. Parole di Debora Sorgato, indicata come l’assassina materiale di Isabella Noventa. Parole scritte di suo pugno in una lettera trasmessa pochi giorni fa alla popolare trasmissione quotidiana in onda sulle reti Mediaset “Pomeriggio Cinque”, condotta da Barbara D’Urso, che saranno confrontate con le parole – di tono e senso ben diverso – destinate a perseguitare per mesi la sfortunata impiegata di Albignasego, uccisa e gettata chissà dove. È la prossima mossa degli inquirenti che puntano a comparare la calligrafia di Debora con quella (per ora ancora anonima) dello sconosciuto persecutore (o persecutrice) di Isabella, sempre con l’obiettivo di riempire tutte le caselle di un puzzle complesso che rischia di restare incompleto senza il ritrovamento del corpo della vittima. Potrebbe essere stata la stessa mano a scrivere quelle missive? L’accertamento – non è escluso – potrebbe dare una svolta.
Tra il 14 novembre 2013 e il 24 settembre 2014, la 55enne impiegata di Albignasego aveva presentato negli uffici del Commissariato Stanga sei denunce di fronte alle lettere, alle telefonate e ai messaggi di insulti (via sms) che riceveva con frequenza. Nel settembre 2013 era cominciata la sua storia con Freddy Sorgato, il fratello di Debora pure in carcere per il delitto. E quella relazione non era gradita a Debora. E neppure a Manuela Cacco, la tabaccaia di Camponogara che ha preso le distanze dalla coppia svelando la confessione di Debora («Ho ucciso Isabella a colpi di mazzetta»). Confessione che le sarebbe stata fatta la notte dell’omicidio (tra il 15 e il 16 gennaio), quando Manuela si era presentata nella villetta di Freddy, a Noventa, per andare a ballare.
In seguito alle ripetute denunce presentate da Isabella, in Procura era stata aperta un’inchiesta per ingiurie e molestie che, però, non ha portato ad alcun risultato. Almeno fino a ora, anche se Debora e Manuela sono state sospettate della persecuzione nei confronti della “rivale” sia pure per motivazioni psicologiche diverse: la prima non sopportava Isabella, personalità forte, capace di tenerle testa e troppo “impicciona” nei confronti degli affari (economici) di famiglia; la seconda era gelosa per motivi sentimentali.
Intanto dalla Procura di Vicenza è arrivata la conferma che non sarà riaperta l’inchiesta sulla morte del marito di Debora, Giuseppe Berto (il successivo convivente Gianluca Ciurlanti, morto in un incidente d’auto nell’agosto 2002, era un compagno). Il corpo di Berto era stato scoperto il 20 gennaio 2011 (quasi un anno dopo il decesso) in un’auto parcheggiata in un garage in strada Marosticana in località Polegge a Dueville nel Vicentino: era mummificato e i polsi risultavano tagliati.
Il procuratore aggiunto vicentino Orietta Canova, d’intesa con il capo della procura Antonino Cappelleri, ha riesaminato il fascicolo su quella morte archiviata come suicidio: non sono stati individuati elementi tali da giustificare la riapertura dell’inchiesta.
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