Perizia del tribunale mette nei guai i due ginecologi
VENEZIA. «Quelle manovre non si potevano e non si dovevano fare». Questa la frase in risposta alle domande dei difensori che riassume l’intervento ieri del medico legale milanese Monica Cucci, nominata perito dal giudice monocratico di Mestre Barbara Lancieri, che sta processando i genecologi Maurizio Montavoci e Anna Calebotta, l’ostetrica Anna Battistel, tutti in servizio presso il reparto di Ostetricia dell’ospedale Santi Giovanni e Paolo e che devono rispondere di lesioni gravissime causate a una neonata durante il parto seguito da loro.
Le manovre, ben quattro, sono quelle che Montavoci (3) e Calebotta (1) hanno fatto spingendo sulla pancia e l’utero della partoriente in un momento sbagliato. «Non sussisteva indicazione», scrivono nella perizia Cucci e il ginecologo milanese Silvano Agosti, «alla esecuzione delle manovre, anzi in un bilanciamento rischi/benefici tale procedura risultava contrassegnata da un lato da scarse possibilità di successo, dall’altro dal realizzarsi di fattori idonei a cagionare lesioni fetali e materne». Tutto questo, continuano i due medici milanesi, «rappresenta un elemento di censura in capo ai dottori Montavoci e Calebotta», visto che le loro manovre di pressione hanno causato «La sofferenza asfittica fetale».
I due periti, inoltre, hanno segnalato che per ben 38 minuti, sarebbe stata sospesa la registrazione del cuore del feto, registrazione che permette di scoprirne la sofferenza o meno. «Dalle 19,17 fino alle 19,55, ora d’inizio del taglio cesareo, in cartella clinica non si riscontrano rilevazioni e segnalazione della frequenza cardiaca fetale, ma nemmeno di altro genere...tale mancata registrazione cartacea è da considerarsi difforme dalla buona pratica medica» si legge nella perizia. A ancora: «Nel caso in esame la decisione di procedere con il taglio cesareo doveva essere assunta poco dopo le 19,20», mentre la decisione è stata presa successivamente. I due medici, infine, escludono ciò che la difesa aveva sospettato: la somministrazione dell’anestetico per via epidurale non avrebbe prodotto alcuna grave conseguenza; lo stesso per quanto riguarda le tecniche di rianimazione nei confronti della bambina, «provvedimenti che per natura e tempestività sono da ritenersi del tutto corretti e adeguati alle esigenze della piccola». Per quanto riguarda le responsabilità, i due periti ritengono che ricadano più sui due ginecologi che sull’ostetrica, visto che il ruolo di quest’ultima è subordinato a quello del medico ginecologo, cui incombe l’onere di valutare la paziente, verificarne le condizioni ostetriche, lo stato di benessere fetale e informare la paziente.
A porre le domande sono stati i difensori degli imputati, gli avvocati Renato Alberini e Antonio Franchini, quelli della parte civile, gli avvocati Elio Zaffalon e Maurizio Trevisan, e il pubblico ministero Carlotta Franceschetti, che ha condotto le indagini e chiesto il processo per i tre sanitari. i fatti sono accaduti l’8agosto di quattro anni fa. Ieri, il giudice Lancieri ha rinviato il processo all’udienza del 18 marzo: quel giorno parleranno i rappresentanti dell’accusa, della difesa e della parti civili e in giornata il magistrato leggerà, dopo la camera di consiglio, la sentenza.
Giorgio Cecchetti
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